«Abbiamo dato il via all’operazione "Mare nostrum"...». Sono le sette di ieri sera quando il vicepremier e ministro dell’Interno, Angelino Alfano, annuncia ai cronisti in attesa nella sala stampa di Palazzo Chigi che il dado è tratto: dopo un vertice-lampo fra il premier Enrico Letta e i ministri di Difesa, Esteri e Interno, Mario Mauro, Emma Bonino e lo stesso Alfano, la missione militare-umanitaria preannunciata sabato dal capo del governo ha avuto semaforo verde.
Cinque navi, una «anfibia», droni e radar. «Sarà un’operazione militare e umanitaria e prevede il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare per incrementare il livello sicurezza delle vite umane», chiarisce il titolare della Difesa. L’Italia schiererà, aggiunge Mauro, «4 navi della Marina militare, due fregate e due pattugliatori», ma anche «droni (sofisticati velivoli senza pilota, ndr), un aereo ed elicotteri con sistemi di visione notturna, radar di superficie». La quinta imbarcazione sarà, per la prima volta, una «nave anfibia, la San Marco, operativa dal 18 ottobre, dotata di elicotteri a lungo raggio, con capacità ospedaliera e sanitaria di primo intervento e spazi ampi per il ricovero dei naufraghi». Navi e aerei incroceranno nel quadrante di mare fra Lampedusa e le coste africane a noi più vicine (Libia e Tunisia), per intervenire in caso di emergenze. Il primo obiettivo è spostare la
front line del soccorso vicino ai porti di partenza delle carrette del mare, in modo da evitare altre vittime. Ma l’operazione, secondo il ministro Alfano, «avrà un effetto deterrente significativo per chi pensa di fare impunemente traffico di esseri umani», poiché il pattugliamento «darà la possibilità di intercettare i mercanti di morte» e avviare l’intervento delle procure «che già in due circostanze ha portato al sequestro delle navi e all’arresto dell’equipaggio». Ma cosa sarà dei migranti soccorsi? «Esistono – spiega Alfano – le regole del diritto internazionale della navigazione: non è detto che se interviene una nave italiana porti i migranti in un porto italiano. Si valuterà in base al luogo dove avverrà l’operazione».
I costi? «Saranno coperti coi fondi ministeriali». A chi solleva la questione delle coperture finanziarie della missione, l’esecutivo risponde così: al momento, ragiona il ministro Mauro, per la sorveglianza e il soccorso in mare «spendiamo un milione e mezzo di euro al mese. Potenziando il dispositivo con la nuova operazione si spenderà di più...». Tuttavia, non ci saranno nuovi stanziamenti: la missione, avverte Alfano, si finanzierà «con i bilanci dei rispettivi ministeri; non siamo in presenza di una legge, per cui serve una nuova copertura. L’Italia rafforza la protezione della frontiera esterna. E, quando si calcolano i costi, bisogna capire quali sarebbero in assenza di questa missione...».
«Mai più Mediterraneo di morte». La necessità di un’azione urgente per evitare altre vittime è stata ribadita ieri dallo stesso premier, dopo aver ricevuto il primo ministro della Finlandia, Jyrki Katainen, presidente di turno del Consiglio Ue, che ha espresso solidarietà, assicurando che «i tragici eventi di Lampedusa rivelano una sfida che richiede un’azione congiunta dell’Unione europea». Bisogna «rafforzare Frontex», ha aggiunto, e «abbiamo discusso su aiuto bilaterale da parte della Finlandia». Dal canto suo, Letta ha sostenuto la necessità di interventi urgenti: «Per noi è intollerabile che il Mediterraneo sia un mare di morte. Non possiamo aspettare i tempi delle istituzioni e del Parlamento europeo, quando di mezzo ci sono vite umane. Dobbiamo agire subito. E la disponibilità ad aiutare con navi e personale l’Italia è una buona notizia: ringrazio Katainen. È una dimostrazione di cosa significhi la solidarietà europea».