Il Senato
Il primo «sì» del Senato è arrivato senza affanni e con un voto-lampo, anzi con il sostegno di Fi, Fdi e anche del Pd sebbene su uno solo degli articoli del testo. Insomma, la legittima difesa supera lo scoglio di Palazzo Madama senza che si siano evidenziati quei dissensi di merito che pure M5s e dem avevano espresso a più riprese. Numeri alla mano, il disegno di legge incassa 195 sì e 52 no e passa alla Camera con la prospettiva di avere l’ok definitivo prima della fine dell’anno. Un’accelerazione che fa esultare Salvini e la Lega: «Noi mantieniamo le promesse», twitta il ministro dell’Interno.
La sintesi politica e tecnica è che continueranno a svolgersi i processi contro chi, usando un’arma legittimamente detenuta, si difende in casa propria o sui posti di lavoro da una intrusione, ma ci saranno meno paletti per chiedere l’archiviazione del fascicolo. A votare a favore della legge, oltre la maggioranza di governo (M5S e Lega), anche Forza Italia e Fratelli d’Italia che in realtà avevano proposto u- na modifica più radicale al codice. Il cuore del testo è l’articolo 2, che cambia l’articolo 55 del codice penale che disciplina l’eccesso colposo.
Nel nuovo testo, di fatto, si riconosce la legittima difesa a chi si trova in uno stato di «grave turbamento». L’approvazione di questo articolo è stata sostenuta, come detto, pure dal Partito democratico, che ha portato i i voti favorevoli a 245 e solo 4 contrari. Si allarga quindi la sfera della non punibilità, dal momento in cui non è necessario che il ladro abbia un’arma in mano, basta solo la minaccia di utilizzarla. Aumentano poi le pene per i rapinatori: fino a un massimo di 4 anni di detenzione per la violazione di domicilio e fino a 7 anni per il furto. Altra novità del testo l’inserimento del gratuito patrocinio, praticamente il pagamento delle spese processuali è a carico dello Stato per gli imputati che invocano la legittima difesa dopo un fatto di sangue avvenuto nel proprio domicilio.
Esclusa, per chi si è difeso legittimamente, la responsabilità civile. Critici, anche se hanno sostenuto il ddl in aula, sono gli azzurri di Forza Italia, con Anna Maria Bernini che attacca il governo: «Anche su questo provvedimento la maggioranza è stata costretta a pagare dazio al Movimento 5 stelle. Poteva essere un’ottima legge, mentre invece è solo una buona legge». Dura la condanna di Pietro Grasso, leader di Leu, che giudica il testo «un danno grave, oltre che a livello normativo, anche a livello culturale» perché «produrrà - inevitabilmente, pur non toccando le norme specifiche - un aumento di armi in circolazione nel nostro Paese». In realtà le voci davvero critiche si levano dalla magistratura. Il Csm produrrà un parere probabilmente negativo, ma dopo essersi espresso sul decreto-sicurezza, che ovviamente viaggerà su un binario più veloce.
L’Anm, il sindacato delle toghe, boccia il testo senza troppi giri di parole: «Molti dei nostri rilievi critici sono stati accolti», premette il presidente Francesco Minisci. Tuttavia «le indagini per capire come si è svolta la vicenda devono essere sempre fatte, ciò a tutela e a garanzia di tutti, anche se si è aggiunto l’avverbio 'sempre' - continua Minisci -. E sotto questo profilo è evidente che l’introduzione nel sistema del concetto di 'grave turbamento' dimostra chiaramente che per accertarne la sussistenza occorre fare un’indagine, non c’è spazio per alcun automatismo.
La modifica del comma 4 dell’articolo 52 del Codice penale è poco chiaro, si presta a possibili distorsioni e non garantisce né l’aggredito né l’aggressore». Se la legittima difesa viaggia su un binario senza ostacoli, ben diverso il discorso per il decreto- sicurezza. La fronda interna di M5s non molla, nemmeno gli emissari tecnici di Di Maio hanno convinto i senatori capeggiati dall’ex comandante della Guardia costiera Gregorio De Falco a ritirare gli emendamenti. ©