giovedì 22 agosto 2024
Parlano i responsabili delle associazioni che rappresentano i giovani stranieri nel limbo: basta rinvii, è ora di agire
Daniela Ionita, Kwanza Musi Dos Santos e Noura Ghazoiu

Daniela Ionita, Kwanza Musi Dos Santos e Noura Ghazoiu - .

COMMENTA E CONDIVIDI

Fare presto, fare bene. La richiesta delle nuove generazioni di ragazzi stranieri al Parlamento e al Paese è semplice e diretta: basta rinvii, è ora di agire. Non occorrono riforme epocali, ma buon senso. I 20-30enni che rappresentano il movimento dei giovani finiti nel limbo non hanno dubbi: questa partita è innanzitutto politica, ma farne un tema divisivo nei confronti dell’opinione pubblica com’è accaduto finora sarebbe un boomerang. Meglio assecondare le richieste della società civile, che si è già mostrata più avanti del Palazzo.

È una posizione, questa, che ricalca lo slogan con cui qualche tempo fa si presentarono alle istituzioni, dicendo: «Noi siamo pronti. E voi?». Parole che fanno capire l’ansia e anche un po’ di stanchezza con cui si sta vivendo l’ennesimo dibattito sulla cittadinanza. Lo spiega bene Noura Ghazoui, presidente del Conngi, il Coordinamento nazionale delle nuove generazioni italiane, che dal 2017 riunisce diverse associazioni radicate sul territorio, dal Piemonte alla Campania. «Stiamo lavorando da tempo a una nuova campagna per l’autunno, che avrà come tema centrale proprio la riforma della cittadinanza - spiega Noura -. Lo Ius Scholae? Può andare bene, perché almeno un ciclo scolastico è necessario. Avere una generazione di nuovi italiani proprio in età adolescenziale sarebbe un segnale importante».

Nel prossimo autunno, è previsto un incontro del tavolo delle associazioni con parlamentari di diverse forze politiche, già riuniti in un intergruppo ad hoc. «Quello della mancata cittadinanza è un diritto negato, speriamo che si trovino delle soluzioni e che ciò a cui stiamo assistendo non sia soltanto una trovata propagandistica».

Non è ovviamente a una sola voce il movimento dei “nuovi italiani”. In questi anni non sono mancati distinguo, fughe in avanti, rivendicazioni anche nette. Dentro le stesse associazioni. Piuttosto critica sullo scenario attuale è ad esempio Kwanza Musi Dos Santos, che con la Rete per la riforma della cittadinanza ha lanciato una mobilitazione dal titolo “Dalla parte giusta della storia”. «Il rischio che sia tutto fumo negli occhi, purtroppo, c’è» dice. «In tanti hanno promesso cose mai realizzate, a sinistra ma anche destra» osserva. Il suggerimento di chi rappresenta, tra gli altri, anche le comunità numerose dei cosiddetti afrodiscendenti, è invece quello di «riconoscere un doppio percorso: per chi nasce in questo Paese e per chi cresce, completando un ciclo di studi. Quel che è certo è che in futuro bisognerà evitare le discrezionalità che fin qui ci sono state da parte della pubblica amministrazione: i percorsi di riconoscimento della cittadinanza non si possono fermare per un timbro o per presunte inadempienze indipendenti dalla nostra volontà».

Per Noura, «tagliare il traguardo di fine scuola media con il titolo di “italiani” sarebbe l’ideale: da un lato vorrebbe dire che c’è stata una semplificazione burocratica evidente, visto che ancora oggi tanti bambini perdono giorni di scuola in fila davanti alle questure con i propri genitori per avviare le pratiche; dall’altra, si riconoscerebbe così alla scuola, com’è giusto, un ruolo cruciale nella formazione dei giovani cittadini». Il fantasma dell’autoreferenzialità, anche per chi rappresenta gli stranieri nati e cresciuti in Italia, è presente, inutile negarlo.

Secondo Daniela Ionita, di Italiani senza cittadinanza, «è il momento invece di essere pragmatici, di provare ad aprire il confronto con tutti i partiti, a sinistra come a destra. Noi lo stiamo facendo, ragionando con altre realtà del Terzo settore, ipotizzando anche l’utilizzo di uno strumento come il referendum».

Quanto alle formule giuridiche, «per ora non sono la cosa più importante - continua Daniela Ionita -. Penso sia invece fondamentale trovare compromessi che ci leghino alle buone pratiche in vigore anche in altri Paesi, superando le regole rigide e spesso senza senso legate alla continuità di residenza richiesta e al tema del reddito».

Quel che si chiedono le nuove generazioni è soprattutto se e come individuare un principio normativo in grado di sanare tante situazioni a oggi irregolari. Le nuove norme potranno cioè essere retroattive o dovranno limitarsi a prendere in considerazione soltanto chi chiederà la cittadinanza in futuro? È un interrogativo cruciale, per evitare di prolungare ancora per tanti quella situazione sospesa, nel limbo, in cui la legge odierna li ha intrappolati.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI