Grazie alla rete di appoggio costruita sul territorio, tra le parrocchie, ai richiedenti asilo (e soprattutto ai più giovani) è stata offerta la possibilità di conoscere ed esercitare i propri diritti Alcuni momenti di condivisione del progetto 'Rafforzare #Integrazione, Costruire #Ospitalità' (R#I.C#O.) che si è svolto dal 2 maggio 2017 al 31 dicembre 2018 a Roma, con ottimi risultati
Tre anni e mezzo fa papa Francesco lanciava il suo appello alla Chiesa di Roma invitando parrocchie e istituti religiosi ad aprire le proprie porte all’ospitalità di richiedenti e titolari di protezione internazionale, dando l’avvio alla sperimentazione nella diocesi e nella città di Roma di un modello di accoglienza diffusa che, man mano che si è andato sviluppando, si è rivelato quale risposta vincente per garantire il processo di inclusione sociale delle persone ospitate. È stata, infatti, garantita ospitalità ad oltre 300 persone tra richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, tra cui una cinquantina di nuclei familiari e/o monoparentali. Ma più che i numeri, come sottolinea Anna Clara De Martino dell’Ufficio Ricerche e Progetti Area Immigrati della Caritas di Roma, quello che conta è la qualità e il modello di accoglienza e integrazione. In particolare la possibilità di dare avvio in modo precoce al processo di inclusione socioeconomica delle persone accolte costruendo relazioni tra i migranti e il contesto territoriale ospitante che ne hanno favorito l’integrazione e l’occupabilità e quindi la capacità di arrivare ad una propria indipendenza economica e abitativa. Particolarmente importante è stato il Progetto 'Rafforzare #Integrazione, Costruire #Ospitalità' (R#I.C#O.) che si è svolto dal 2 maggio 2017 al 31 dicembre 2018, ed è stato realizzato dalla Cooperativa Roma Solidarietà ente gestore della Caritas di Roma e dall’Associazione Centro Astalli in partenariato con il Dipartimento Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute del Comune di Roma.
Il progetto ha permesso di attivare percorsi di autonomia socio-lavorativa e abitativa in favore di 109 titolari di protezione internazionale in fase di uscita o dimessi da pochi mesi dai centri Sprar. Tra loro anche 18 nuclei familiari per un totale di 61 persone. In questo conteggio rientrano anche 4 nuclei che si sono “formati” durante il progetto per effetto di ricongiungimenti familiari e ben 6 nuovi nati. Complessivamente sono state seguite persone provenienti da 27 nazionalità diverse, di cui i maggiormente rappresentati sono stati la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica del Congo, il Pakistan e la Nigeria. Le fasce d’età dei destinatari del progetto confermano, inoltre, il fatto che sono soprattutto le persone più giovani a partire e, una volta arrivati in Europa, tendono a stabilizzarsi e allargare la famiglia. Solo il 14% dei destinatari è nato prima del 1980 mentre oltre il 31% è nato nel decennio che va dal 1990 al 2000. Le attività sono state portate avanti grazie alla rete territoriale composta da parrocchie e istituti religiosi, che hanno messo a disposizione 31 strutture distribuite in quasi tutti i Municipi della Capitale.
Un progetto che ha raggiunto gli obiettivi prefissati. Infatti è stato possibile stipulare 25 contratti di affitto regolare in favore di 45 destinatari, tra cui 6 hanno stipulato il contratto i primi di gennaio 2019, poco dopo la chiusura formale del progetto. Altri destinatari hanno comunque trovato una sistemazione alloggiativa indipendente, benché senza contratto, per cui il numero complessivo di destinatari che hanno raggiunto l’autonomia abitativa è di 73 persone su 109, ovvero il 67 % a fronte del 25% previsto in fase progettuale.
Un altro dato importante riguarda il fatto che fra i destinatari che sono stati in grado di raggiungere la completa autonomia abitativa figurano anche 12 nuclei familiari per un totale di 48 persone. «Questo aspetto – spiegano i promotori dell’iniziativa – è un merito particolare del progetto in quanto per i nuclei familiari solitamente il processo di autonomia è più lento e raggiungere questo risultato in poco più di un anno di presa in carico non era affatto scontato ».
Ma non ci si è occupati solo delle abitazioni. Per fornire competenze e prospettive lavorative ai destinatari sono stati promossi 12 tirocini formativi, di cui 5 attivati e pagati dal progetto, 9 sono stati trasformati in contratti di lavoro. Al termine del periodo progettuale 31 destinatari hanno migliorato la propria condizione lavorativa in termini di ore lavorate, retribuzione ricevuta, durata del contratto o passaggio da lavoro nero a regolare, 24 hanno ottenuto un contratto di lavoro regolare, di cui 9 a tempo indeterminato, 5 hanno preso la patente grazie alle attività progettuali e al sostegno economico, 48 hanno seguito percorsi individua-lizzati per accedere ad agevolazioni economiche: abbonamenti agevolati al trasporto pubblico, accesso al Rei, Bonus libri, Bonus bebè e mense scolastiche. «Fornire ai protetti internazionali – si legge nel rapporto del progetto – la conoscenza degli strumenti esistenti per esercitare i propri diritti raggiungendo contemporaneamente l’obiettivo di contenere le spese ordinarie è un elemento importante per aiutarli a consolidare la propria autonomia». Infine 27 hanno partecipato a corsi di formazione specifici (corsi di italiano, formazione lavorativa, università e scuole superiori) non pagati dal Progetto ma a cui hanno potuto avere accesso grazie ad altre fonti di finanziamento attivate dagli entri proponenti.