C’è spazio per una iniziativa politica che si rivolga all’area moderata, collocata al centro dello schieramento? «Altroché », è la risposta del sondaggista Antonio Noto. L’appello a dar vita a una federazione, avanzato da Silvio Berlusconi, per ora alimenta solo lo psicodramma azzurro, con un esito paradossale astrattamente possibile: se un partito come Forza Italia dato nei sondaggi al sei per cento dovesse spaccarsi in due, la conseguenza sarebbe che nel Paese di Alcide De Gasperi potrebbe non esserci più una formazione politica ancorata al Partito popolare europeo oltre la soglia minima del 4 per cento. «In teoria il rischio è concreto - dice Noto -. Ma il vero problema è che almeno la metà degli elettori non si riconosce in nessun partito, e decide solo negli ultimi giorni se disertare le urne o optare svogliatamente per uno dei partiti in campo. Che non hanno più, ormai, un elettorato fidelizzato».
Che fare? «Noi - interviene Paola Binetti, per l’Udc, attualmente alleata di Fi - non ci rassegniamo a un Paese a demografia zero, attratto da una deriva eutanasica, che, schiac- ciato sugli estremismi populisti, sembra rinunciare - almeno in politica - a rendere operativa la dottrina sociale della Chiesa. Serve un centro moderato nei toni, ma giovane e rivoluzionario nelle proposte». C’è chi pronostica che la storia potrebbe ripetersi: un nuovo editore (Urbano Cairo) viene dato pronto alla discesa in campo. «Mai dire mai», dice lui. Ma con il risultato più che scontato - se la cosa dovesse avverarsi - di alimentare un’altra polemica eterna sul conflitto di interesse.
Sul fronte opposto c’è però anche l’area renziana che ha ben presente questa 'prateria' di potenziale consenso non intercettata e - mentre è tentata di mettersi in proprio - continua a 'spingere' nel Pd: «Non possiamo rinunciare a interpretare le esigenze dell’elettorato moderato », dice il capogruppo al Senato Andrea Marcucci. «Contesto chi spinge nel mio partito per un’identità marcatamente di sinistra. In questa fase che vede gli 'estremi' Salvini e Di Maio al governo, chi raccoglie, mi chiedo, le istanze di quell’Italia che una volta avremmo definito di centro? L’Italia del mondo produttivo e dell’associazionismo, sempre più spaventata da questa deriva?».
C’è chi, partendo dal basso, ha iniziato a muoversi. Democrazia solidale (Demos) ha eletto suoi rappresentanti nei recenti test locali, ma - al pari di altri, come 'Siamo europei' di Carlo Calenda - ha partecipato, alle Europee, all’esperimento federativo al quale il Pd ha dato vita con la sua lista, portando alla trionfale elezione di Pietro Bartòlo, il medico dei migranti: «Un partito radicato non si inventa a tavolino - dice Mario Giro, leader di Demos - e non servono vecchi schemi centristi di un ceto politico nostalgico. Serve un radicamento vero nella vita e nei problemi delle persone e un forte ancoraggio di valori».
Cresce quindi la spinta verso una formazione di centro tutta nuova. Sono diversi i tentativi in atto. C’è la Rete bianca di Giorgio Merlo, ex parlamentare Dc torinese. Ci riprova anche l’anziano ex leader Dc Ciriaco De Mita che nella sua Nusco - appena rieletto sindaco - in un affollato incontro ha lanciato «un nuovo movimento popolare». Già strutturato da tempo c’è poi il gruppo di 'Politica insieme', guidato da Giancarlo Infante, che punta a darsi una vera e propria strutturazione politica. «In Italia - nota Nicola Graziani, del direttivo di Politica insieme - ci sono milioni di persone che non hanno nessuno per cui votare, e in larga misura sono cattolici. Quella di Berlusconi è una falsa risposta a un problema reale. Noi ci stiamo organizzando assicura - per venire incontro a questa proposta di buona politica».
Rocco Buttiglione ne fa una questione di tempi. «Quelli attuali - dice il filosofo, che ha abbandonato la politica attiva - sono tempi di semina». Per questa ragione, con Gianfranco Rotondi, ha messo in piedi un’iniziativa di carattere culturale per tenere vivo il simbolo della Dc: «A Berlusconi proposi anni fa di dar vita a un partito 'vero', ma lui non volle. Oggi è tardi. O forse è presto, per realizzare quel progetto. Bisogna ripartire dalla formazione, dalla cultura. Studiare le encicliche dei tre grandi Papi che abbiamo avuto negli ultimi trent’anni. Esse ci offrono le giuste soluzioni ai problemi nuovi che abbiamo di fronte, dall’immigrazione all’ambiente. Dovremo saperlo spiegare, e il tempo della buona politica tornerà presto».