ANSA
Mano a mano che passano le ore si fa sempre più concreto il rischio che la questione migratoria venga utilizzata cinicamente dai leader degli Stati membri dell’Unione Europea e dai vertici delle istituzioni di Bruxelles come un’arma elettorale in vista delle elezioni comunitarie di giugno 2024. Governi nazionali alle prese con la frenata dell’economia, e che nel contesto europeo non riescono a elaborare risposte comuni e convincenti ai bisogni delle popolazioni, indirizzano verso i flussi migratori le attenzioni delle opinioni pubbliche.
Allo stesso tempo, i leader di destra e di sinistra, nell’affanno di riempire di temi e di prospettive per il futuro dell’Europa la loro campagna elettorale, cercano di preservare il consenso mettendo i migranti al centro di una guerriglia disumana. Certo Roma e l’esecutivo di destra-centro non aspettavano altro che una nuova «emergenza» per sbandierare norme iperrestrittive con cui mostrare il «pugno duro» alla vigilia di una manovra senza risorse. E certo è vero anche che la premier Meloni, pressata da Salvini, non riesce più a difendere la linea portata avanti sinora, fondata su un dialogo pragmatico con la Commissione.
È altrettanto vero, però, che le accuse mossa da Roma verso Bruxelles e i leader socialisti e liberali nelle istituzioni Ue, vanno quantomeno dibattute. C’è la sensazione, a Roma, che l’ampiamente contestabile accordo con Tunisi proceda con tempi e volontà politica molto più lenti rispetto ad analoghi accordi siglati nell’interesse di altri Paesi Ue. Se è grave che Roma usi il tema migranti per tenere botta alle euroelezioni, sarebbe altrettanto grave se politici di Bruxelles o di Paesi partner non aiutassero Roma allo scopo di impedire un maggior peso della destra italiana a Strasburgo. Da questo punto di vista, la visita oggi di Von der Leyen a Lampedusa aiuta a ricordare quanto sia pericoloso e disumano il registro delle strumentalizzazioni incrociate.