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Harpreet ha 29 anni e viene dall’India. Un’azienda agricola di Battipaglia lo ha richiesto come bracciante nel febbraio 2022. Ma per le pratiche - racconta ad Avvenire la sindacalista Laura Hardeep Kaur, della Flai Cgil di Frosinone e Latina - «c’è voluto tempo e lui è potuto arrivare in Italia solo nel 2023, con tanto di lettera firmata dal legale dell’azienda italiana». E qui sono iniziati i problemi: «Non è riuscito a entrare in contatto con l’azienda - prosegue la sindacalista -. Insieme a lui abbiamo inviato una Pec alla ditta, ma non ci ha risposto. E abbiamo scritto alla prefettura di Salerno, allegando i documenti, ma anche lì nessuna risposta». Harpreet è ancora in Italia, ma il visto rilasciatogli scadrà il prossimo 31 dicembre e se non trova un lavoro con contratto, rischia di diventare irregolare: una beffa, visto che era entrato nel nostro Paese su invito di un’azienda italiana. La sua situazione non è purtroppo un unicum, anzi.
Dati alla mano, solo un terzo dei migranti entrati in Italia per avere un impiego riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e ad avere i documenti, mentre la maggior parte, impiegata dalle aziende con il solo nulla osta, una volta terminato l’impiego, finisce per scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di ricattabilità e precarietà.
Lo denuncia il corposo dossier «La lotteria dell’ingresso per lavoro in Italia: i veri numeri del decreto flussi», messo insieme dalla campagna “Ero straniero-L’umanità che fa bene” (promossa da A Buon Diritto, ActionAid, Asgi, Federazione Chiese Evangeliche Italiane, Oxfam, Arci, Cnca, Cild, Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani”, Radicali Italiani e col sostegno di decine di organizzazioni).
Solo tre su dieci. Il lavoro delle associazioni si è occupato di verificare l’efficacia del sistema dei decreti flussi per l’ingresso dei lavoratori dall’estero, unica procedura prevista per aziende e famiglie che vogliano assumere stranieri. L’esito è sconfortante. Negli ultimi 2 anni solo 3 domande su 10 esaminate, ottenuto il nulla osta, sono giunte a conclusione con la sottoscrizione del contratto di soggiorno e il rilascio del permesso. In particolare nel 2022 solo il 30% degli stagionali (12.708) ha firmato un contratto, a fronte di 42mila ingressi stabiliti dalle quote, e solo il 26% dei non stagionali, 5.243 su 20mila ingressi. Inoltre, su 55.013 nulla osta rilasciati (tra stagionali e non), 3.183 persone non hanno fatto ingresso in Italia, pur avendo ricevuto il visto. Nel 2023 quel numero è salito a 19.082 su 65.662 nulla osta rilasciati. «Si tratta di migliaia di posti di lavoro che vanno perduti», lamentano i promotori della campagna.
La procedura e la realtà: il caso Roma. Dopo il click day, il datore di lavoro la cui domanda è rientrata nelle quote riceve dallo sportello unico immigrazione della prefettura il nulla osta al lavoro e all’ingresso in Italia della persona da assumere. Segue il rilascio del visto da parte del consolato italiano nel Paese di origine, col quale i lavoratori possono fare ingresso in Italia. Poi, entro 8 giorni, debbono andare in prefettura coi datori di lavoro per stipulare il contratto e chiedere il rilascio del permesso. Nei fatti però il meccanismo si inceppa: al Nord il 30% dei nulla osta viene trasformato in contratti di soggiorno, al Centro si scende al 17 e al Sud a un misero 2%. Nel 2022, ad esempio, a Roma si sono stati firmati 10 contratti di soggiorno su 1.536 nulla osta rilasciati. Nel 2023, 31 su 2.104 posti.
Norme «da superare». Secondo gli analisti della campagna, l’apparato normativo-burocratico è «inefficace», capace di determinare «nuova precarietà sociale e irregolarità» e «da superare» andando «oltre un meccanismo di ingresso per lavoro rigido» con «canali diversificati, flessibili, in grado di far incontrare domanda e offerta». Per chi, già in Italia, ha un rapporto di lavoro informale perché senza documenti, ritiene Ero Straniero, «va introdotta la possibilità di firmare un contratto e di mettersi in regola senza dover aspettare l’ennesima sanatoria». Quella del 2020, infatti, non è ancora conclusa, come Avvenire ha segnalato più volte. E nel frattempo il governo ha varato un maxi decreto flussi triennale da 452mila posti, i cui primi click day si sono tenuti a dicembre ma che rischia anch’esso di risentire dei tempi lunghi delle procedure e dell’annosa carenza di personale del ministero dell’Interno.