martedì 5 settembre 2023
Filtra la disponibilità di Fdi ad abbassare il quorum (ora al 4%). Il capo di Iv anticipa tutti: «Ci metto il cuore e la faccia». Ma Forza Italia si oppone: non se ne parla nemmeno.
L’ipotesi: elezioni Ue con soglia al 3%. Renzi si candida e lancia «Il Centro»

JULIEN WARNAND

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Inizia il lavoro dei partiti in vista degli appuntamenti elettorali del prossimo anno, dalle europee (il primo banco di prova effettivo del governo) e le tante amministrative (3.800 Comuni) e regionali (si rinnoveranno 5 Consigli), e il primo a scoprire le carte è Matteo Renzi. Il leader di Iv decide di metterci «il cuore e la faccia» e si candida a Strasburgo con “Centro”.

Tramontato definitivamente il progetto con Carlo Calenda, l’ex premier cercherà di «rubare voti a Forza Italia e al Pd», spiega. Certo che chi ha votato Fi in passato e «crede in una visione europea», avrà difficoltà ora a «votare i sovranisti». E dunque un pensierino sull’offerta di Iv, nella tornata all’insegna del proporzionale e quindi del “tutti contro tutti”, lo potrebbe fare. Così come i riformisti del Pd, che sarebbero delusi dalla svolta a sinistra della segretaria Elly Schlein.

Insomma, Renzi non insegue grosse cifre, accontentandosi di muovere i fili anche con un risultato esiguo. Ma a fare la differenza sarebbe un’intesa che si starebbe stringendo sull’ipotesi di abbassare la soglia di sbarramento dal 4 al 3 per cento. Fdi lascia trapelare di «non avere alcuna preclusione», anche perché la richiesta è partita da Alleanza Verdi-Sinistra, ma ne beneficerebbe proprio Renzi, che in più di una occasione ha assunto atteggiamenti “morbidi” con la maggioranza su alcuni dossier. Per i partiti minori sarebbe ovviamente una svolta, anche se da Iv Raffaella Paita nega di stare dietro alla richiesta e anzi ne prende le distanze: «Lo sbarramento deve restare al 4%. Quando un progetto è credibile, non si deve avere paura del voto dei cittadini». E Forza Italia, con Maurizio Gasparri, si oppone: «La soglia va confermata, semmai bisogna alzarla al 5%. Non si vede perché fare regali a Renzi, che per altro non arriverebbe nemmeno al 3%».

A credere nel nuovo progetto renziano, è l’eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito democratico europeo Sandro Gozi, convinto che sia proprio il rafforzamento di Renew la risposta da dare. Ma sui nomi dei “soci”, come quelli di Letizia Moratti e di Cateno De Luca, fioccano smentite.Il senatore fiorentino anticipa gli avversari di opposizione e sicuramente quelli della maggioranza, impegnati piuttosto a stringere accordi di coalizione per gli appuntamenti elettorali italiani. Alle europee ognuno è destinato a correre per sé e lì ci si conterà al termine dell’impresa. Nella maggioranza la tensione è alle stelle e la difficoltà di piazzare bandierine attraverso la manovra, per mancanza di fondi, acuisce i problemi tra Fdi, Lega e Fi, che si peseranno alle urne di primavera. Ma altro discorso riguarda il voto nei Comuni. Qui la coalizione di centrodestra torna a compattarsi, come in ogni tornata. E ieri si è vista la prima riunione tra gli alleati di governo, all’insegna di «grande coesione e serenità», stando alle parole del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Con «largo anticipo», spiega, il centrodestra si è messo a tavolino per cercare «candidature unitarie» con l’aiuto di coordinatori territoriali, che - recita un comunicato - «valutino anche la presenza di liste civiche rappresentative di istanze specifiche».Altro sarà il discorso per le europee, dove su liste e capilista i partiti di maggioranza sono ancora indietro rispetto agli avversari. Il ragionamento è già avviato da tempo invece dentro al Pd, che sulle amministrative continua a tessere la tela con M5s, scontentando il centro sempre più slim dopo la frattura con i renziani di Carlo Calenda, che augura «buona strada» al suo ex alleato. Anche tra le opposizioni si lavora dunque su due piani: le intese possibili per amministrative e regionali e la battaglia in solitaria per le europee. Ieri Lucia annunziata ha smentito le voci che la volevano capolista per i dem. Mentre, a parte i nomi certi come Pina Picierno, c’è da comporre il puzzle degli amministratori uscenti, dallo stesso Bonaccini (che però dovrebbe restare in Emilia, anche per presidiare la corrente della minoranza interna) a Dario Nardella, Antonio Decaro, Giorgio Gori, allo stesso Michele Emiliano. Si parla anche di Roberto Saviano e di Cecilia Strada, mentre i nomi di Ruotolo e Zingaretti restano saldi in pista.

Anche per la leader Schlein si tratterà di un banco di prova. La maggioranza interna spera di raggiungere un 25-27 per cento che metterebbe la sua leadership in sicurezza. Diverso il discorso se il Pd si fermasse al 21 per cento, con i riformisti di Lorenzo Guerini pronti al redde rationem. Schlein continua a lavorare sui temi caldi, dal salario alla sanità pubblica, al clima, alla scuola: «Non c’è spot elettorale migliore di una opposizione efficace», dice. Ma comporre le liste non sarà un lavoro facile.

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