Angela Me, dirige le ricerche dell’Unodc - -
«La ‘ndrangheta mantiene sempre una posizione centrale nel traffico globale di cocaina, ma ha perso il monopolio».
Angela Me, vicentina, dirige le ricerche dell’Unodc, l’agenzia Onu che studia il crimine organizzato e il traffico di droga. Dal suo osservatorio di Vienna, scrutando i mutamenti del commercio illegale più lucroso del pianeta, ha avvistato nuovi temibili protagonisti affacciarsi sulla scena. E per Avvenire traccia le linee del nuovo atlante del narcotraffico.
Quali sono i rivali dei clan calabresi?
Certamente i gruppi balcanici, che ormai hanno rapporti diretti con la Colombia, così come da tempo li ha la ‘ndrangheta. Il dominio assoluto dei calabresi tuttavia non c’è più, da circa 10 anni il mercato è cambiato, evolvendo nella direzione di una maggior concorrenza. La stessa cosa è avvenuta in Colombia: senza più il dominio delle Farc, sono emersi tanti piccoli gruppi più dinamici. La produzione è aumentata e la rete logistica si è sviluppata: una tempesta perfetta.
Sembra di capire che vada peggio che in passato.
Sì, perché la maggior offerta ha inondato l’Europa. Ormai il Vecchio Continente sta diventando il primo mercato per la cocaina: ha eguagliato quello americano non solo per i prezzi bassi ma anche per il grado di purezza della sostanza. Poi ci sono i nuovi mercati, l’Africa e altri Paesi in Asia. Anche la domanda, insomma, non manca mai: un circolo vizioso difficile da spezzare.
Prova ne è che sia in Italia che in Europa i sequestri hanno raggiunto livelli record nel 2023. Quali sono oggi le dinamiche e gli attori del traffico?
C’è una specializzazione crescente. Ogni gruppo si occupa di un settore specifico della filiera: c’è chi segue la produzione, chi il trasporto, chi la distribuzione. In Sudamerica sono emersi i brasiliani del Pcc (Primeiro comando da capital, ndr), che hanno tentacoli anche in Spagna. I messicani dominano il mercato statunitense, ma hanno messo i piedi in Olanda per assicurarsi gli ingredienti delle droghe sintetiche. Le reti, diciamo così, del retail, sono invece nelle mani di gruppi nigeriani e marocchini. Gran parte della cocaina arriva nei porti dei Paesi Bassi, Rotterdam e Anversa, ma rimane attiva anche la rotta italiana, con destinazione Livorno e soprattutto Gioia Tauro. Dal Sud Italia ultimamente passa anche il traffico del Captagon, potente amfetamina prodotta in Siria e consumata soprattutto nei Paesi del Golfo (già noto come “droga dell’Isis, è stato usato anche dai miliziani di Hamas nel raid del 7 ottobre. Nel 2020 ne furono sequestrate 14 tonnellate a Salerno: le indagini svelarono legami tra i trafficanti e il regime di Assad, ndr).
Secondo il vostro ultimo “Global cocaine report”, ora ‘ndrangheta e camorra si accordano specialmente con i gruppi criminali albanesi per dar vita a network sempre più efficienti, in grado di importare quantitativi sempre maggiori. E la mafia siciliana che fine ha fatto?
Ormai riveste una posizione decisamente più defilata e marginale. Potremmo dire che forse era stata protagonista di un boom troppo grande nei decenni precedenti. Forse ha pagato la sua struttura piramidale: una volta colpiti i vertici non è più riuscita a rinnovarsi. La ‘ndrangheta, invece, con le sue “locali”, ha dimostrato di possedere una forma più flessibile, in grado di adattarsi rapidamente alle nuove situazioni.
Se la Colombia è la fonte principale di cocaina, l’Afghanistan è storicamente il principale esportatore di eroina. Com’è la situazione dopo il ritorno dei talebani al potere?
Come già accadde dopo la messa al bando del 2000, decisa dal mullah Omar, anche ora stiamo riscontrando una drastica diminuzione delle coltivazioni di oppio. Le immagini satellitari parlano chiaro, il divieto effettivamente sta portando risultati.
Dopo l’attacco americano del 2001, nonostante la presenza militare occidentale, la produzione di eroina riprese però a salire fino a toccare livelli mai visti nel 2017. Adesso cosa accadrà?
Non si capisce ancora bene, occorre aspettare. Anche perché il mercato è in evoluzione. Quello che sappiamo è che tutto attorno all’Afghanistan e in Afghanistan, nel frattempo, si è sviluppata la produzione di metamfetamine.
Nel 2024 diventerà operativa l’Agenzia europea per la droga, e si lavora per una futura autorità doganale comune. L’Unione sta facendo abbastanza contro il narcotraffico?
Serve un grande sforzo complessivo, ispirato da un’idea di vera collaborazione. Si sta facendo molto, l’Europol ad esempio svolge bene il suo lavoro. Certamente, restano ostacoli che minano la fiducia reciproca non solo tra le polizie ma anche tra organi giudiziari dei vari Paesi. C’è sempre timore di qualche fuga di notizie che mandi a monte un’operazione. La corruzione purtroppo c’è ovunque e la stessa percezione del fenomeno spesso frena lo scambio di dati e informazioni. E i criminali, che invece non conoscono frontiere, ne approfittano. In generale, anche a livello globale, vanno contrastate le ambiguità. Così come occorre rafforzare la cooperazione giudiziaria. Insomma, ci sono diversi nodi da sciogliere.
Altro grande problema, il riciclaggio.
Anche qui occorre fare chiarezza e colpire chi ricava davvero tanti soldi dal traffico. Non sono certamente i contadini, e nemmeno i venditori al dettaglio. I grossi profitti sono nelle mani di pochi, di quelli che stanno al centro della filiera: potremmo definirli i grossisti. I loro soldi sporchi poi finiscono in vari settori, dall’edilizia alla ristorazione, inquinando l’economia.