E' passato con 316 sì e 6 no il Jobs
act alla Camera. Ora il provvedimento passa al Senato.
Il bassissimo numero di voti contro si completa con
l'uscita dall'ula di una larga fetta delle opposizioni, e una nutrita pattuglia di deputati Pd, che hanno manifestato così
il loro dissenso. Sono in tutto 260, stando ai tabulati
del voto in Aula, i deputati che non hanno partecipato al voto
finale sul Jobs act. Tutti i partiti di opposizione, dal
Movimento 5 Stelle a Sel, da Forza Italia alla Lega, hanno
deciso di uscire dall'Aula al momento del voto. Ad essi vanno
sommati poi i parlamentari Pd che hanno espresso con il non voto
il loro dissenso rispetto al provvedimento.
Lo scontro interno nel Pd sulla riforma della lavoro è andato avanti per tutto il giorno. Con le minoranze decise ad andare sino in fondo nonostante l'appello all'unità che arrivava dai vertici. "Faccio un ultimo appello all'unità del Pd" sul Jobs act. Così il presidente del Pd Matteo Orfini. "Abbiamo raggiunto una larghissima unità sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunità, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in aula", aggiunge. Prima del voto finale sul Jobs act, gli esponenti della minoranza Pd che hanno deciso di non votare il provvedimento, si sono riuniti alla ricerca di una linea comune. La scelta è tra uscire dall'aula e non partecipare al voto (opzione caldeggiata da Gianni Cuperlo) o dire no alla riforma (come ha già annunciato di voler fare Pippo Civati). "Noi non ci sentiamo di esprimere un voto favorevole su jobs act" dice Gianni Cuperlo, a margine di un incontro con Sel e la Fiom lombarda. "Il punto a cui si è arrivati - sottolinea - non è soddisfacente. Il problema non è come licenziare ma come assumere". "Per noi - afferma Stefano Fassina - è uno strappo rilevante, perché noi siamo parte della maggioranza, ma non voteremo per questa delega. Non saremo un gruppo sparuto, ma un numero politicamente impegnativo. E non temiamo conseguenze disciplinari". La maggior parte dei deputati della componente di minoranza area riformista, invece, dovrebbe votare sì. Voterà il Jobs act "per disciplina", Pier Luigi Bersani. Lo spiega a chi lo interpella alla Camera. Nonostante alcuni "miglioramenti", il Jobs act "non convince", afferma. Dunque "voterò le parti che mi convincono con piacere e convinzione e le parti su cui non sono d'accordo per disciplina, avendo fatto per quattro anni il segretario del Pd".