Ursula von der Leyen, alla guida della Commissione europea dal 1° dicembre 2019 - Reuters
Il rapporto dell’Ipcc pubblicato il 9 agosto traccia un quadro inquietante. Qual è la sua reazione?
Dobbiamo agire immediatamente. In Belgio mi sono recata nelle cittadine che poche settimane fa sono state devastate dalle inondazioni. È stato un doloroso promemoria del fatto che questi fenomeni metereologici si verificano sempre più spesso, ovunque nel mondo. E del fatto che non possiamo più permetterci di sostenere i costi sempre maggiori del cambiamento climatico.
Trasformare l’Europa nel primo continente climaticamente neutro entro il 2050 è la mia assoluta priorità fin da quando sono stata eletta presidente della Commissione europea. Ho presentato il Green Deal europeo undici giorni dopo l’inizio del mio mandato nel 2019. E, da allora, con i 27 Stati membri della Ue e il Parlamento europeo, abbiamo trasformato questo obiettivo climatico in un vero e proprio obbligo giuridico, grazie alla legge europea sul clima, la prima nel suo genere.
Attualmente mettiamo in atto una nuova strategia di crescita per raggiungere la neutralità climatica basata su innovazione, energie pulite ed economia circolare. Il 14 luglio 2021 abbiamo presentato una tabella di marcia, suddivisa per settore, per operare la transizione verde che prevede, ad esempio, una fase di rinnovamento energetico, in tutta Europa, una gestione più sostenibile delle nostre foreste, un settore dei trasporti che contribuisca appieno al nostro impegno per il clima. Al centro di questa strategia abbiamo scelto il carbon pricing come strumento di orientamento chiaro e basato sul mercato, corredato da una compensazione sociale. Il principio è semplice: le emissioni di CO2 devono avere un prezzo, un prezzo che incentivi produttori e innovatori a scegliere tecnologie verdi, a orientarsi verso prodotti puliti e sostenibili.
L’Ipcc ci ricorda che ci troviamo di fronte a un’urgenza: eppure alcune misure della strategia europea, presentate il 14 luglio, entreranno pienamente in vigore solo dopo il 2030. Ci stiamo muovendo abbastanza rapidamente?
Effettivamente, il prossimo decennio sarà cruciale. A livello di Unione europea, per stabilire l’obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030, abbiamo esaminato con grande attenzione ciascun settore della nostra economia per capire a quale velocità potessimo muoverci. E come agire in modo responsabile, scientifico ed equo per tutti.
La nostra analisi mostra chiaramente che l’economia e l’industria dell’Europa possono raggiungere quell’obiettivo e che la sua realizzazione ci permetterebbe di rispettare gli obblighi sottoscritti nell’ambito dell’Accordo di Parigi. E se altri Paesi seguono il nostro esempio, credo che il mondo sarà capace di mantenere il riscaldamento al di sotto degli 1,5 gradi.
La maggior parte delle grandi case automobilistiche ha già annunciato che produrrà unicamente veicoli a emissioni ridotte entro il 2035. Di conseguenza, in Europa, la quasi totalità delle automobili in circolazione dovrebbe avere emissioni zero entro il 2050. Nel frattempo, l’ampliamento al trasporto su gomma del sistema per lo scambio delle quote di emissione va a incoraggiare l’uso di carburanti a minori emissioni di carbonio nella totalità del parco veicoli.
Per quanto riguarda le quote gratuite, resteranno uno strumento di protezione contro il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 almeno fino al 2030. Ma verranno progressivamente ridotte nel corso del decennio.
Abbiamo già dimostrato che possiamo scindere il consumo di carbonio dalla crescita economica. Dal 1990 in Europa siamo riusciti a ridurre le emissioni del 20%, mentre la nostra economia ha conosciuto un incremento superiore al 60%. Il "carbon pricing" funziona
La Commissione propone un mercato del carbonio dedicato all’edilizia e al carburante. Come garantire una protezione per le famiglie a basso reddito?
Il principio del Green Deal europeo è mettere fine al riscaldamento climatico e sviluppare una nuova strategia di crescita. La nostra priorità assoluta è offrire a tutti i benefici di questa transizione verde, nel modo più equo e veloce possibile.
Non dimentichiamo il motivo per cui dobbiamo agire fin da ora: non possiamo permetterci di sostenere i costi sempre più elevati del cambiamento climatico. Fenomeni metereologici estremi si verificano ovunque nel mondo, sempre più spesso. Quest’anno abbiamo assistito al disastroso tornado nella Repubblica Ceca che ha distrutto 2000 abitazioni, alle inondazioni devastanti in Belgio e in Germania in cui hanno perso la vita centinaia di persone e ai terribili incendi in Grecia e in altri Paesi del sud. E i cittadini più poveri, che non hanno possibilità di trasferirsi o di ricostruire, sono sempre i più duramente colpiti.
Noi vogliamo che la transizione verde sia equa e socialmente giusta. Ed è per questo motivo che proponiamo di offrire una compensazione e un sostegno ai cittadini più vulnerabili. Il nostro Fondo sociale per il clima, dotato di uno stanziamento di 72 miliardi di euro, sosterrà i cittadini a basso reddito e semplificherà gli investimenti nelle tecnologie pulite. Il Fondo verrà creato ancor prima dell’introduzione del mercato del carbonio per l’edilizia e i trasporti.
L’obiettivo è proprio ridurre le bollette dei nuclei familiari vulnerabili e delle piccole imprese. Ad esempio, il Fondo aiuterà i cittadini francesi a finanziare sistemi di riscaldamento o raffrescamento a emissioni zero – installando pannelli solari sulle case, ad esempio – o a finanziare l’acquisto di un’automobile più pulita. I trasporti e l’energia devono essere alla portata di tutti.
Tra l’altro, il bilancio comunitario – compreso il nostro piano di rilancio NextGenerationEU, il fondo della politica di coesione e i Fondi per una transizione giusta – fornirà oltre 123 miliardi di euro alla Francia nel corso dei prossimi anni. Tutto ciò permetterà importanti investimenti nell’ambito della trasformazione industriale e andrà altresì a finanziare un’imponente fase di rinnovamento energetico, anche per l’edilizia popolare – una misura che aiuterà a ridurre le bollette dell’energia – e lo sviluppo delle energie del futuro, come l’idrogeno.
A seguito della presentazione della strategia europea, il 14 luglio, alcuni operatori economici hanno denunciato "misure punitive" sotto forma di "imposte". Ad esempio, è il caso della Iata per il settore dei trasporti aerei. Che cosa risponde?
Abbiamo già dimostrato che possiamo scindere il consumo di carbonio dalla crescita economica. Dal 1990 in Europa siamo riusciti a ridurre le emissioni del 20%, mentre la nostra economia ha conosciuto una crescita superiore al 60%. Il carbon pricing funziona.
Oggi investiamo miliardi in tecnologie all’avanguardia e nell’innovazione affinché la nostra industria rimanga competitiva diventando sostenibile e pulita. Rendere più verde il settore dei trasporti è un tassello importante di questa trasformazione, poiché è l’unico settore in cui le emissioni hanno continuato ad aumentare dal 1990, in particolare nell’aviazione.
I prossimi dieci anni saranno fondamentali per raggiungere soluzioni a lungo termine. I carburanti sostenibili per l’aviazione presentano un grande potenziale di riduzione delle emissioni. E sono tecnologicamente pronti già oggi. Tuttavia, attualmente, rispetto al totale dei carburanti per l’aviazione rivestono un ruolo marginale. Ci impegniamo ad aumentare l’utilizzo dei carburanti sostenibili per l’aviazione, quindi dell’idrogeno rinnovabile, che dovrà alimentare sempre più gli aeroplani.
Devo constatare che l’industria è sempre più nostra alleata nel cambiamento. Le imprese europee sono già il motore della transizione verde, perché ciò offre loro immense possibilità di creare mercati di prodotti sostenibili e puliti in tutto il mondo. Hanno capito che il Green Deal europeo è la loro occasione per battere la concorrenza a livello mondiale e approfittare dei vantaggi di chi "arriva prima". Noi offriamo ciò che l’industria chiede da tempo: un orientamento, date e obiettivi chiari. Stabilità e prevedibilità per i loro investimenti.
La COP 26 si svolgerà in autunno a Glasgow. Quali passi avanti potrà portare l’Unione europea?
Innanzitutto, credo che anche gli altri Paesi del mondo si arrendano all’evidenza: i costi dell’inerzia nei confronti del riscaldamento climatico aumentano ovunque in modo drammatico. Abbiamo assistito recentemente alle forti piogge e inondazioni in Cina, ma anche alle ondate di calore mortali in Canada e allo scioglimento del permafrost in Siberia, solo per citare alcuni esempi. La lotta al cambiamento climatico, quindi, è un impegno davvero globale.
Con il Green Deal europeo, l’Europa indica la strada. E questa strategia ha dato buoni frutti. Da quando ci siamo impegnati a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, abbiamo visto altri Paesi assumere impegni nuovi o simili, dagli Stati Uniti al Giappone, passando per la Corea del Sud e la Cina.
L’Unione europea è leader in materia di azione climatica, ma sappiamo che uno sforzo a livello mondiale è necessario per lottare contro il cambiamento climatico e costruire economie più resilienti e sostenibili, ecco perché lavoriamo per mobilitare l’impegno globale. Abbiamo bisogno che tutte le grandi economie si assumano le loro responsabilità.
Dobbiamo lavorare insieme su un impegno condiviso e un’azione comune per ridurre le emissioni da qui al 2030. E, in seguito, puntare a zero emissioni nette entro il 2050. Questo è ciò di cui ha bisogno il nostro Pianeta.
La Croix - Intervista realizzata per iscritto, traduzione a cura di Sara Morselli