Angelo Giurdanella, vescovo di Mazara del Vallo - Collaboratori
Monsignor Angelo Giurdanella, 66 anni, è vescovo di Mazara del Vallo dall’ottobre dello scorso anno. Della diocesi di Mazara del Vallo fanno parte anche Castelvetrano, città natale di Matteo Messina Denaro e Campobello di Mazara dove sono stati scoperti i due covi del boss.
Eccellenza, l’arresto del super latitante riaccende le luci sul grande tema della lotta alla mafia. Oltre i documenti che nei decenni sono stati pubblicati dalle Chiese di Sicilia, quale deve essere in concreto l’impegno della Chiesa locale per alimentare percorsi di legalità?
L’arresto di Matteo Messina Denaro, dopo 30 anni di latitanza, ci invita tutti a non abbassare la guardia nella lotta alla mafia. La criminalità mafiosa si sconfigge se l’impegno diventa corale. L’ultimo documento delle Chiese di Sicilia dal titolo “Convertitevi” riafferma l’assoluta incompatibilità tra mafia e Vangelo, tra mafiosi e Chiesa. In quelle 47 pagine la mafia si configura non solo come un gravissimo reato, ma anche “come un disastroso deficit culturale e, di conseguenza, come un clamoroso tradimento della storia siciliana”. Ecco, dunque, oltre ai documenti che indicano la strada serve un impegno concreto a raccogliere le sfide educative che questo tempo richiede, per percorrere sentieri di pace e di legalità».
Educare i giovani è una strada da Lei indicata. Ma oggi coinvolgerli nelle parrocchie è diventato davvero difficile. Secondo lei, quali soluzioni si possono mettere in campo per riportarli negli oratori, farli avvicinare alla Chiesa?
«I giovani hanno bisogno di essere ascoltati e non giudicati, coinvolti e non assistiti. Bisogna prenderli sul serio e non “snobbarli”, proponendo loro mete alte, accompagnati con sapienza e pazienza. Questo perché “le strade pianeggianti non conducono in alto”. Educare non è un compito facile ma certamente è urgente per uscire dal disorientamento e dal disamore. A partire anche dalla formazione degli operatori. E noi, come Chiesa locale, continuiamo a farlo con incontri e corsi tra Mazara e Marsala».
L’indagine sull’arresto del super latitante mette in luce una rete di coperture del boss a diversi livelli. Magari anche da professionisti che vanno a messa la domenica. Cosa si sente di dire a queste persone?
«Quando si dice mafia non bisogna individuarla solamente nel boss. Ma anche nelle coperture di cui gode, come successo anche per Matteo Messina Denaro. Dunque è spesso uno stile di vita che esprime una mentalità nei comportamenti del fare quotidiano. Mi sento di dire che noi dobbiamo combattere l’omertà, la sfiducia attraverso le testimonianze vere. Servono agli adulti ma, soprattutto, ai giovani ai quali va detta sempre la verità, indicando percorsi possibili, convincenti e affascinanti. A loro bisogna testimoniare stili di vita coerenti.
Le parole hanno un peso. Nel linguaggio mafioso ci sono i padrini ma la Chiesa ha un Padre…
Le parole è vero che hanno un loro fascino ma solo l’esempio trascina e coinvolge. È vero, la mafia ha i “padrini” ma noi dobbiamo sostituirli col Padre che ci fa crescere nella dignità di figli e nella responsabilità di fratelli.
Quale messaggio si sente di mandare alle comunità di Castelvetrano e Campobello di Mazara?
A queste due comunità ecclesiali esprimo vicinanza. E gratitudine a chi è in prima linea impegnato ad arginare una mentalità mafiosa e spargere semi di Vangelo attraverso una missione educativa, come i presbiteri, gli insegnanti, gli operatori pastorali, le famiglie, la scuola.