La marcia contro la 'ndrangheta a Gioia Tauro - .
Tremila persone nelle strade di Gioia Tauro per dire “basta” alla ‘ndrangheta. Non si vedevano da più di trenta anni. A organizzare la manifestazione con lo slogan “È ora di cambiare. Bisogna Cambiare! No alla mafia!”, l’amministrazione comunale guidata da Aldo Alessio, già sindaco alla fine degli anni ’90.
«Dobbiamo continuare a lottare, mai arrenderci. Siamo uomini liberi, non abbiamo paura. Dico ai mafiosi “fermatevi, se no lo faremo noi”. Questo non è il vostro territorio ma il nostro. E voi siete dei vigliacchi» dice all’inizio dell’iniziativa che nasce dopo la recente operazione Hybris contro le cosche Molè e Piromalli. La risposta della comunità, o almeno di una parte, è arrivata ieri.
Tante scuole, tanti ragazzi, pochi adulti, invece. In testa al corteo una ventina di sindaci, il vescovo di Oppido-Palmi, Francesco Milito, il procuratore di Palmi, Emanuele Crescenti, il presidente di Libera, don Luigi Ciotti. In mezzo alla gente, scortatissimi, alcuni imprenditori che hanno denunciato le cosche e che ci mettono la faccia. «Sono qui per dare speranza e fiducia, ma anche per riceverne dalla comunità. Sono qui perché voglio essere un uomo libero» spiega Nino De Masi. «Dobbiamo debellare questa piaga, per essere con la gente che vuole cambiare questa terra» dice Pasquale Inzitari, al quale la ‘ndrangheta ha ucciso per vendetta il figlio Francesco.
«Ogni tassello per la legalità e è positivo, ma poi deve trasformarsi in fatti concreti, non dando onore e rispetto a chi sbaglia, ma solo disprezzo» è l’appello di Gaetano Saffioti. Ci sono anche i giovani della cooperativa Valle del Marro, che coltiva terreni confiscati. «La Calabria non è solo gente che spara, ci sono tanti che vogliono cambiare» rivendica il presidente Domenico Fazzari. Tra la gente anche alcuni parroci.
Gianbattista Tilieggi guida la comunità di San Gaetano Catanoso, la prima parrocchia realizzata su un terreno confiscato, proprio ai Piromalli. «Noi Chiesa dobbiamo esserci. Ma ora si aprano percorsi educativi di legalità, non solo nelle scuole». Ma i protagonisti sono proprio i ragazzi. Slogan, cartelloni coloratissimi. “Io vedo, io sento, io parlo”. Alcuni di loro prendono la parola. «Siamo una terra dimenticata ma affidarsi alla mafia è sbagliato». «Noi vogliamo essere in prima linea». E una più piccola recita una poesia che ripete “la mafia scappa sempre”. Una giornata che il procuratore definisce «un risveglio. Ma dovete mettervi al fianco della “squadra Stato”. Noi ci siamo, pronti a raccogliere la vostra collaborazione». La Chiesa non si tira indietro. «No ad ogni forma di mafie» dice nettamente il vescovo Milito. Poi si rivolge alle famiglie mafiose. «Avrei voluto bussare alle vostre porte per dire che non siamo contro di voi, ma la vostra cultura è sbagliata. Convertitevi. È possibile. Non è una vita quella tra tribunali e carcere. La salvezza può entrare anche nelle vostre case».
A chiudere la bella mattinata di riscatto è don Luigi Ciotti, consegnando tre parole: «Continuità nell’impegno sociale e civile contro le mafie, condivisione, perché solo insieme si possono combattere le mafie, e corresponsabilità». Ma, avverte, «la ‘ndrangheta vuole sudditi compiacenti. Invece noi vogliamo essere cittadini veri, non a intermittenza. La Calabria è una terra meravigliosa, ma dobbiamo lottare, creando una forza che unisca. Cambiare è possibile, costruire le speranza è possibile. Non mettete la vostra libertà in vendita. Non abbiate paura, continuiamo a sognare».