Roma. «È questione di vita o di morte...». Per Biagio Di Muro, all’epoca sindaco di Santa Maria Capua Vetere, il finanziamento per il restauro dell’antico Palazzo Teti Maffuccini era troppo importante. Gli inquirenti ritengono che l’interesse riguardasse soprattutto le tangenti da ottenere dalle imprese che si erano aggiudicate l’appalto e per questo nei giorni scorsi ne hanno disposto l’arresto. Sta di fatto che il primo cittadino, nelle conversazioni intercettate, sollecitava con insistenza Stefano Graziano - il presidente (ora autosospesosi) del Pd della Campania e consigliere regionale indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito della stessa inchiesta - perché si attivasse per impedire che i 3 milioni del finanziamento venissero bloccati. E faceva pressioni perché si rivolgesse al viceministro Filippo Bubbico (non coinvolto nell’inchiesta) per far inserire dalla commissione presso il ministero dell’Interno il finanziamento in un diverso capitolo di spesa. Attività lecita, secondo i magistrati della Dda di Napoli, ma che rappresenta un indizio sull’esistenza di un sistema delle tangenti all’ombra delle presunte collusioni con il clan dei Casalesi. Tesi avallata dai rapporti con Alessandro Zagaria, l’imprenditore indicato come trait d’union tra camorra, politici e pubblici amministratori. Il trasferimento da un programma all’altro è stata «un’iniziativa che ha riguardato 340 progetti, su specifica richiesta dei Comuni interessati», precisa Bubbico, che ha confermato di aver attivato a gennaio la propria segreteria su richiesta di Graziano, «perché raccogliesse informazioni sull’istanza presentata da quel Comune». Significativo viene considerato dagli inquirenti anche l’incontro tra Graziano e Zagaria, nell’ex comitato elettorale di Graziano a Teverola (Caserta) e documentato con foto e video dai carabinieri. Risale al giugno 2015, quando il politico era già consigliere regionale, incarico da cui non si è dimesso dopo la bufera giudiziaria. Biagio Di Muro
(Ansa)