Il premier Mario Draghi - Ansa
Passato il Ferragosto, gli uffici tecnici di Palazzo Chigi e dei ministeri si rimetteranno in moto. L’agenda della ripresa non manca di grandi temi: lavoro, giustizia, trasporti, "regia" del Recovery plan e, naturalmente, Fisco e concorrenza. Un Consiglio dei ministri potrebbe tenersi a fine agosto - si ipotizza il 26 o il 27 - e avere all’ordine del giorno un decreto "Infrastrutture e trasporti", mentre due Dpcm dovrebbero inoltre completare, con la nomina della segreteria tecnica in carica fino al 2026, la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Poi alla riapertura delle Camere, a settembre, partirà la volata per approvare le riforme del processo penale e civile e poi convertire i tanti decreti (ce ne sono già due: Green pass e crisi d’impresa).
Il premier Mario Draghi, nel salutare i ministri prima della pausa, ha chiesto loro, alla ripresa, ancor più «determinazione». Incassato l’anticipo da 24,9 miliardi, l’appuntamento da non mancare sul Piano Ue è quello con gli obiettivi indicati per ottenere la prima rata di fondi nel 2022: il ministero dell’Economia ne ha contati 51 entro l’anno. Va subito attivato pure il tavolo permanente che terrà il filo diretto con parti sociali, enti locali e società civile. Intanto un «decreto ad ampio spettro» è stato annunciato dal ministro Enrico Giovannini sui trasporti (nel Pnrr ci sono oltre 15 miliardi solo per la rete ferroviaria). Il decreto in cantiere potrebbe prevedere anche appositi parcheggi per le neo-mamme al volante e per le auto elettriche, oltre a una stretta sulla manutenzione di tram, filobus, ma anche seggiovie e funivie.
Lo scoglio che incombe sopra tutti, però, riguarda le riforme del Fisco e della concorrenza che, dopo il rinvio a luglio, Draghi dovrà portare in Cdm. Due interventi da incrociare con la riforma degli ammortizzatori sociali e (a ottobre) la prima manovra 2022 targata Draghi-Franco, con cui potrebbe iniziare anche la revisione del reddito di cittadinanza. Tutti passaggi ad alto rischio di conflittualità politica. La manovra dovrà anche dare seguito all’impegno di prorogare fino al 2023 il Superbonus al 110% per le ristrutturazioni "verdi". Al solito, le proposte in campo dei partiti prefigurano interventi da almeno 15-20 miliardi, ma sul piatto al momento ce ne sono solo 4-5 già a bilancio e pochi margini per agire in deficit, visto il maxi-debito da 140 miliardi già accumulato in un anno e mezzo di emergenza Covid.
Su come superare la fine di "Quota 100" per le pensioni, le idee sono ancora vaghe e la sensazione è che, alla fine, si procederà solo con qualche ritocco minimo. Anche perché il grosso delle risorse dovranno andare ai nuovi ammortizzatori: la riforma della cassa integrazione è quella a uno stadio più avanzato, con lo schema messo a punto dal ministro Andrea Orlando condiviso con le parti sociali in un incontro prima della pausa.
L’intervento punta a dare a tutti i lavoratori una copertura nei momenti di difficoltà dell’impresa o nei passaggi da un impiego all’altro. Il nodo però è quello delle risorse: le piccole e micro imprese non si vogliono caricare di extra-costi, che lo Stato potrebbe accollarsi però solo nei primi 3 anni di transizione. Già così servirebbero 6-8 miliardi e a disposizione, per ora, ci sono solo 1,5 miliardi ricavati dalla sospensione nel secondo semestre del cashback (su cui bisognerà decidere se cancellarlo del tutto o farlo ripartire in modo diverso).
Anche per il fisco c’è una mini-dote da soli 2-3 miliardi, destinati all’assegno unico per i figli, che andrà a regime dal 2022. Per abbassare le tasse in modo percepibile, a partire dai redditi tra 28mila e 55mila euro, però ne servirebbero almeno 10. E visto che i fondi sono pochi c’è chi, come Iv e la Lega, spinge per usarli su professionisti e aziende individuali. In Parlamento Franco ha detto che bisognerà aspettare fine settembre, quando la revisione delle stime nella Nadef potrebbe dare qualche fondo in più. Per aiutare a trovare una sintesi che non sarà agevole.