mercoledì 17 maggio 2023
Il direttore don Marco Pagniello ha presentato le proposte migliorative sull'Assegno di inclusione che ha sostituito il Reddito di cittadinanza
«Includere tutti i poveri»: la sfida Caritas sul decreto lavoro

ANSA

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Due proposte per non lasciare indietro chi ha diritto a venire aiutato nell’Italia impoverita del nuovo secolo. Con una spesa superiore a quella prevista dal governo per aiutare gli ultimi, ma nel tetto del Reddito di cittadinanza. In un’audizione alla commissione Affari sociali del Senato, Caritas italiana ha presentato ieri alcune proposte per migliorare in Parlamento il decreto legge 48 del 2023, il “decreto lavoro,” con le nuove misure di aiuto ai poveri che hanno archiviato il Reddito di cittadinanza. Provvedimento che per la Caritas aveva il difetto di aiutarne pochi (raggiungeva il 50% dei poveri assoluti) e di unificare in un solo programma due obiettivi chiave, la lotta alla povertà e l’inserimento lavorativo fallendoli entrambi. Anche nel nuovo testo sono stati inseriti limiti di accesso e addirittura secondo l’organismo pastorale della Cei si abbasserebbe la soglia dei beneficiari al 46% dei poveri assoluti. Se è stato apprezzato il passaggio da 10 a 5 anni per il requisito di residenza in Italia (per evitare la procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea), la Caritas è critica soprattutto verso la temporaneità dell’Assegno di inclusione che chiede di rendere universalistico finché non termina lo stato di bisogno.

«Il nostro Paese deve compiere sforzi ulteriori per includere chi ne ha davvero diritto - spiega don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana - perché mettendo a punto questa misura si evitano i “furbetti” e si offre la possibilità di trovare un’occupazione. Non siamo assistenzialisti, i poveri sono da promuovere, però l’attuale misura rischia di essere poco realistica perché il lavoro occorre mantenerselo e per questo servono formazione e accompagnamento». La Caritas è preoccupata per i senza dimora che, stando alle previsioni del decreto, dovrebbero accedere al Supporto per formazione e lavoro per avere diritto agli aiuti.

«Considerando - domanda don Marco - le storie personali di solitudine, a volte di dipendenza di queste persone, le loro condizioni di salute, il loro stato psicologico ed emotivo e la debolezza o assenza delle reti familiari, amicali e sociali, come possono essere incanalati direttamente in percorsi di formazione e qualificazione professionale senza un aiuto dei servizi sociali? O venire inseriti nel mercato del lavoro e uscire dalla condizione di povertà in un solo anno?». Altra preoccupazione forte è per i soggetti senza figli minori o persone fragili a carico che se non trovano lavoro rischiano di perdere ogni sostentamento

Centralità dell'accompagnamento sociale e cura della formazione professionale sono i punti centrali per la lotta alla povertà.

«Conosciamo bene i poveri - prosegue il direttore della Caritas - e sappiamo quanto serva una presa in carico che tenga conto dei loro tempi. La formazione professionale è la grande sfida mentre spesso è un anello debole del sistema. Il provvedimento va inserito in una strategia più ampia che coinvolga territori, terzo settore, Inps e assistenti sociali, altrimenti rischiamo di avere un intervento frammentato». La Caritas in concreto propone al Parlamento e al governo di rimodulare il decreto eliminando dall’Assegno di inclusione il vincolo che esclude le famiglie senza carichi familiari, così da renderla una misura universale, e riparametrare per area geografica la soglia di reddito rispetto alla spesa per abitazione e utenze.

In tal modo sarebbero 1,2 milioni i nuclei coinvolti, corrispondenti a 2,6 milioni di individui per una spesa annuale di 7,1 miliardi di euro. Quindi adottare per l’accesso al Supporto per la formazione e il lavoro, anziché il requisito demografico dell’età (18-59 anni), un criterio di occupabilità basato sulla maggiore probabilità delle persone di trovare un lavoro (disoccupati che hanno esaurito la Naspi e disoccupati da non oltre un anno). Con un importo di 300 euro al mese per 9 mesi la Caritas calcola una platea di 200.000 nuclei per un totale di 500.000 individui e un costo annuale di 0.5 miliardi. Una volta terminato il Supporto, se gli occupabili si trovassero ancora sotto la soglia di povertà, rientrerebbero nell’Assegno di inclusione e il totale sarebbe una spesa di 7,6 miliardi annui. Il reddito di cittadinanza ne costava 7,9 per 2,8 milioni di beneficiari. Adottando le proposte Caritas i beneficiari diventerebbero due milioni contro i 2,1 che sarebbero aiutati dal decreto senza le modifiche proposte.

«Siamo disponibili a fare la nostra parte e a dialogare per aiutare efficacemente i poveri - conclude don Pagniello - a partire dai più fragili, i senza dimora».

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