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La democrazia ha bisogno di «prossimità». E la Settimana sociale che inizia oggi a Trieste vuole essere proprio un esercizio di affiancamento alle comunità e ai territori del Paese, che spesso si sentono smarriti prima nell’esercizio dei loro diritti, poi, di conseguenza, nella rappresentanza politica. «Prossimità», dunque: non c’è altra cura per la nostra democrazia secondo Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato per le Settimane sociali e ordinario di Storia del pensiero economico alla Cattolica.
A lui tocca coordinare una Settimana storica, con la presenza oggi pomeriggio di Sergio Mattarella e domenica, a conclusione, di papa Francesco. «Per i cattolici in Italia – spiega - il cuore della democrazia batte fra due polmoni: la Costituzione repubblicana e il magistero della Chiesa. Il presidente Mattarella e papa Francesco sono due testimoni credibili del nostro tempo che indicano a tutti i cittadini e agli uomini e le donne di buona volontà come è possibile curare e rigenerare la democrazia».
Il concetto di una democrazia malata, debilitata, da non dare per scontata, è sia il filo rosso sia un po’ l’ombra che si staglia sull’evento di Trieste. Le ferite sono evidenti, a partire dalle disuguaglianze. A fronte di esse, però, le risposte politiche, anziché essere un fattore di cura, sono diventate paradossalmente un fattore di ulteriore rischio. «Le ferite ci sono e negli ultimi anni si sono fatte più evidenti. I populismi – continua Nerozzi - crescono nel cuore dei Paesi democratici, chiedendo risposte semplici a problemi complessi, osannando leader carismatici e mescolandosi talvolta a ideologie xenofobe se non apertamente razziste. Ma anche la “tecnocrazia”, intesa come politica lontana e indifferente ai problemi delle persone e dei territori, è una ferita aperta, che allontana i cittadini dalle istituzioni e dalla politica. Contro questi mali occorre un nuovo protagonismo dei soggetti sociali per rinvigorire, con nuove modalità di partecipazione, le membra stanche delle democrazie occidentali».
L’appello al protagonismo dei soggetti sociali viene spesso considerato, attraverso eccessive semplificazioni, come un appello più ampio a ricostruire una soggettività politica dei credenti. In realtà, spiega Nerozzi, il tema è un altro: è la riscoperta del valore politico dell’impegno sociale a 360 gradi, che può rafforzare il tessuto sempre più debole dei partiti. Da qui il ruolo centrale che a Trieste avranno le “buone pratiche”: «Imprese, cooperative, associazioni, movimenti, università con la loro presenza e il loro impegno sono fonte di speranza e di fiducia nel tessuto sociale, semi di buona politica che chiedono di fare rete e di rafforzare la loro capacità di interlocuzione con le istituzioni. Rappresentano una democrazia della prossimità, che cura i mali dell’individualismo, dell’indifferenza e della paura», dice il segretario del Comitato per le Settimane sociali.
Il punto, però, è che spesso questi attori perseguono obiettivi parziali e non sempre convergenti o comunicanti. E questi brandelli di verità perseguiti “a pezzi separati” finiscono per non aiutare più di tanto politica e democrazia, perché non viene fornito un criterio unificante, d’insieme. Su questo punto Nerozzi è netto: «Il paradigma dell’ecologia integrale ci indica gli obiettivi e gli ingredienti di una visione comune. La strada effettiva è fatta poi di proposte e scelte concrete che devono maturare non da un compromesso fra interessi contrapposti e visioni parziali, ma attraverso il dialogo e la ricerca di soluzioni condivise». Insomma, prendere sul serio il magistero di papa Francesco, che ha queste capacità “unificanti”. E avviare un dialogo per una visione d’insieme, meno frammentata. Naturale chiederselo: anche sulle riforme istituzionali in discussione? «Questi temi non possono non interessare i cattolici che sono in Italia. La fedeltà alla Costituzione richiede di essere declinata in ogni stagione tenendo conto dei bisogni del Paese e delle sfide che abbiamo davanti, senza strumentalizzazioni ideologiche e senza chiusure preconcette», è un indirizzo che anticipa Nerozzi circa i lavori di Trieste.
Anche se, come a ogni vigilia di un grosso evento ecclesiale, la domanda di fondo è sempre la stessa: porterà frutti? E tra questi, anche un rinnovato impegno dei credenti sulla sfera pubblica? «L’impegno c’è già – conclude Nerozzi - e la Settimana Sociale serve proprio a valorizzare quanto viene fatto, spesso senza clamore, in tanti territori, grazie all’impegno di tanti che portano i valori della democrazia ai margini della società. Ma la Settimana Sociale è anche un momento di verifica, di innovazione e di rilancio. Nei “laboratori della partecipazione” e nei “dialoghi delle buone pratiche”, si cercheranno nuove forme di collaborazione per rilanciare la partecipazione. La Settimana sociale si concluderà con una serie di proposte di attivazione che tutte le diocesi potranno promuovere nei propri territori». Proposte, ovviamente, che potranno essere raccolte anche fuori dall’ambito strettamente ecclesiale. E anche in politica.