Il Pd alle prese con il caso Cofferati che arriva in un periodo molto intenso tra la partita per il Quirinale e il via libera all'Italicum. Con la minoranza Pd ancora una volta all'attacco del premier Mattero Renzi accusato di aver collezionato due passi falsi: da una parte l'atteggiamento sulla
vicenda Cofferati (dimessosi per presunti "brogli" dopo le primarie in Liguria) dall'altra la norma "salva Berlusconi" nel decreto
fiscale. Scelte che secondo Stefano Fassina uno dei "nemici interni" più battaglieri peseranno "notevolmente sulla scelta del nuovo presidente della Repubblica". Un avvertimento che i renziani definiscono puramente strumentale da parte di chi agita continuamente il tema della fedeltà alla "ditta" e invece non mostra "nessuna
responsabilità" in un momento cruciale per il Pd.
In settimana - ma un calendario non risulta ancora fissato -
la delegazione dem che Renzi si è affiancato nella ricerca di
un'ampia convergenza sul Colle, dovrebbe iniziare gli incontri
con gli altri partiti. Ma prima di sedersi al tavolo, Angelino
Alfano e Silvio Berlusconi si vedranno per provare a riannodare,
all'ombra del voto del prossimo capo dello Stato, i fili di
un'unità del centrodestra che favorisca l'investitura di una
personalità appartenente non alla sinistra di stampo comunista
ma al campo dei "moderati". Nichi Vendola avverte: "Sosterremo il candidato del Pd solo se
non sarà espressione del Patto del Nazareno". "Il presidente
deve essere garante di tutti e non solo di qualcuno", sottolinea
Alfredo D'Attorre. La partita vera, spiegano dalla maggioranza Pd, deve ancora iniziare. Renzi ha annunciato che darà il nome del suo candidato
non prima del 28 gennaio. E anche l'appello a collaborare sulla legge elettorale rivolto nel pomeriggio da Debora
Serracchiani ai 5 Stelle, viene letto dalla minoranza Dem come
un buon viatico.
Prima di arrivare al finale di partita, però, la strada è
ancora molto accidentata. E il clima sembra farsi ogni giorno
più surriscaldato, a iniziare dal Pd. Per il "preoccupante"
incrocio, "voluto da Renzi", tra il Colle e le riforme. Ma
anche, avverte Stefano Fassina, per una vicenda, come quella
dell'addio al Pd di Cofferati, che da Renzi è stata gestita "in
modo sbrigativo e offensivo". Il premier inoltre non ha ancora
cancellato formalmente, osserva il deputato, il "salva
Berlusconi" dal decreto fiscale. Dunque "il clima" nel quale i
grandi elettori saranno chiamati a votare il nuovo capo dello
Stato, è l'avvertimento, sarà "non positivo".
A gettare benzina sul fuoco anche Pippo Civati che sposa la tesi Fassina e ritira fuori il fantasma della scissione. "Il caso
Cofferati dal punto di vista della tensione non aiuta di certo.
Ciò detto, non farò ricatti a Renzi, anche perché noi
rappresentiamo una piccola porzione di voti. Di certo, non sarà
il voto del Quirinale a farmi decidere di andar via". Secondo
Civati, intervistato da
Qn, il partito di sinistra si farà e
"sarà grande". Lo strappo dal Pd avverrà, "diciamo a primavera".
A seguirlo saranno all'inizio "pochi, pochissimi. Siamo al
governo...". Ma anche "Fassina, Cuperlo, Boccia, Bindi, Bersani
di fronte a un governo che procede un giorno con un salva
bilancio e un altro con un salva Berlusconi alla fine si
stancheranno".