La sepoltura dei naufraghi
Era il 23 novembre quando una barca carica di migranti si rovesciò di fronte all’Isola dei conigli, a Lampedusa. Un barchino di appena dieci metri che, secondo quanto raccontato dai 149 sopravvissuti tratti in salvo da Guardia costiera e Guardia di Finanza, era occupato da 170 persone partite dalla Libia. Cinque i corpi immediatamente recuperati, tutte donne; ma col passare dei giorni i sommozzatori della Guardia costiera riescono a trovarne altri sette. Un ottavo, individuato a 40 metri di profondità, verrà ripescato nei prossimi giorni, appena il mare lo permetterà. Nei giorni scorsi sei di quelle salme, tutte di donne, sono state affidate a tre Comuni della provincia di Agrigento: Montevago, Santo Stefano Quisquina e Santa Elisabetta. Due corpi per ciascuno. Ai primi cittadini, insieme alle bare, è stata consegnata l’autorizzazione al trasporto e al seppellimento; un documento scarno che però suona come un vero pugno allo stomaco: «Cadavere di sesso femminile, età stimata tra i 18 e i 25 anni, peso stimato tra i 40 e i 50 kg, indossa indumenti bagnati con presenza di alghe marine. Presenza di schiuma di colore bianco misto a sangue fuoriuscente dalle narici e dalla bocca. Decesso per verosimile annegamento in mare».
Un numero e questa descrizione, nulla più. Allora don Giuseppe Alotto ha pensato di 'battezzare' Maria e Concetta le due donne deposte nel cimitero di Santo Stefano Quisquina, durante la celebrazione nella chiesetta in cui le salme sono state benedette. A rendere l’ultimo omaggio alle due giovani nessun parente, nessun genitore, nessun fidanzato o marito... «Questa mattina – scrive il sindaco Francesco Cacciatore – abbiamo accolto le due salme senza nome, solo numeri. È un atto di solidarietà e di civiltà per una degna sepoltura. Non potevamo negare loro anche il diritto alla dignità». La chiesetta è rimasta aperta tutto il giorno per consentire di rendere omaggio con una preghiera alle due morte, «perché – come ha spiegato il sindaco – siamo la loro famiglia».
A Montevago l’accoglienza delle due bare ha visto in prima fila i ragazzi della scuola media 'Tenente Giuffrida', tante donne e il sindaco Margherita La Rocca: «Non è stato possibile identificarle. So soltanto che sono figlie di questo Mediterraneo che ingoia e porta morte anziché essere un ponte di vita. Finché avremo posto e ci verrà chiesta disponibilità noi accoglieremo e daremo loro una degna sepoltura nel nostro cimitero».
Un fiore, una preghiera recitata a labbra strette per le due sconosciute. «Queste due giovani donne avevano dei sogni che non potranno più realizzare – ha scritto un’alunna –. Penso ai genitori, chissà se lo sanno, chissà quando le hanno salutate per l’ultima volta… Penso a quanto io sia fortunata a vivere in un ambiente tranquillo e pacifico dove non c’è il rischio di scappare per sopravvivere».
Se il mare lo permetterà, con la nave che in estate riporta i turisti alla terraferma dovrebbero giungere presto anche gli altri 7 corpi recuperati dai sommozzatori. Tre di loro troveranno accoglienza nel cimitero di Caltanissetta, altri quattro verranno tumulate nella fossa comune del cimitero di Agrigento.
Accoglienza: la parola è risuonata spesso nelle celebrazioni con cui sono state salutate le salme di troppi migranti annegati nel Mediterraneo. A qualche morto è stato possibile attribuire un nome, aggiungere una foto; per altri non si è potuto andare oltre un numero o un nome di fantasia. Talvolta le bare sono state persino ospitate all’interno delle cappelle di famiglia. E se purtroppo non è stato possibile farlo in altro modo, anche così si può «restare umani».