Se il presidente della Repubblica lascia il palazzo del Quirinale in anticipo, la poltrona di capo dello Stato non resta vuota. I padri costituenti hanno previsto che gli subentri il presidente del Senato fino al momento in cui il Parlamento elegge il successore: e così, non appena Giorgio Napolitano ha comunicato formalmente le sue dimissioni, l'attuale numero uno di Palazzo Madama Pietro Grasso ha iniziato a
sostituirlo per tutto il periodo di interregno. Grasso, però, non salirà al Quirinale: come vuole la prassi, eserciterà la sua funzione di capo dello Stato "supplente" da palazzo Giustiniani, l'edificio cinquecentesco in
via della Dogana Vecchia dove ha sede l'ufficio di rappresentanza del presidente del Senato. Saranno i corazzieri a scendere dal colle più alto della capitale e a montare la guardia a Grasso di fronte al palazzo senatoriale. Non è la prima volta che nella storia della Repubblica
bisogna far entrare in gioco la riserva del presidente. Quattro
sono stati i supplenti subentrati per dimissioni del capo dello
Stato:
Cesare Merzagora nel 1964,
Amintore Fanfani nel 1978,
Giovanni Spadolini nel 1992 e
Nicola Mancino nel 1999.
La supplenza più duratura è stata quella di Merzagora che
sostituì Antonio Segni per oltre quattro mesi. Merzagora, un
indipendente eletto nella Dc, prese il posto di Segni quando il
presidente fu colpito da una grave emorragia cerebrale durante
un incontro al Quirinale con Giuseppe Saragat e Aldo Moro il 7
agosto 1964. La sua supplenza durò fino al 28 dicembre dello
stesso anno, quando il Parlamento in seduta comune elesse
Giuseppe Saragat.
Fu poi la volta di Amintore Fanfani: il politico aretino
sostituì Leone quando quest'ultimo si dimise, sette mesi prima
della conclusione del mandato, in seguito al crescendo di accuse
sul suo coinvolgimento nello scandalo Lockheed. Fanfani tenne
l'incarico 23 giorni, dal 15 giugno all'8 luglio del 1978, fino
all'elezione di Sandro Pertini.
Altro presidente supplente fu Giovanni Spadolini: prese il
posto di Francesco Cossiga che si era dimesso circa un mese
prima della fine del mandato in polemica con i partiti che
criticavano il suo attivismo politico. Spadolini tenne
l'incarico un mese, dal 25 aprile al 25 maggio del 1992, fino
all'elezione di Oscar Luigi Scalfaro.
Una brevissima supplenza fu esercitata da Nicola Mancino
nell'interregno tra Scalfaro e Azeglio Ciampi: quest'ultimo
era già stato eletto dal Parlamento in seduta comune e Scalfaro,
invece di aspettare l'ultimo giorno di scadenza, aveva lasciato
il Quirinale con qualche giorno di anticipo. Mancino tenne
l'incarico per 3 giorni, tra il 15 maggio e il 18 maggio 1999.