Sguardi perplessi, volti preoccupati, espressioni indecise: l’incertezza regna sovrana nei corridoi dei Palazzi, dove si ferma il percorso della legge elettorale, in attesa di sbrogliare la matassa del governo. Matteo Renzi, sempre più attratto da Palazzo Chigi, accelera di prima mattina con il gruppo del Pd, e – mentre il premier sale al Colle per chiedere a Giorgio Napolitano di lasciargli fare l’ultimo tentativo – mette i deputati davanti al dilemma: «La batteria del governo è scarica, dobbiamo decidere se va ricaricata o cambiata». Formalmente la risposta si avrà solo domani, nella Direzione che segnerà la svolta. O il rilancio del governo o un cambio di pagina. Il segretario del Pd usa una carta vincente: la garanzia di portare a termine la legislatura. L’argomento ha già convinto il capo dello Stato nella cena di lunedì. Ma Giorgio Napolitano, da sempre sostenitore principe di Enrico Letta, non se la sente di scaricare il capo dell’esecutivo e allora gli lascia la possibilità di fare il suo gioco. E lui promette per oggi la presentazione del nuovo «patto di coalizione» con il piano per rilanciare il Paese. Tradotto: il premier non cede facilmente, la sfida è aperta.Renzi però ha mollato gli ormeggi e si sente pronto a subentrare al governo. Ai suoi mette davanti il quadro drammatico della situazione. «Io mi fido della squadra del Pd: o questo passaggio lo portiamo a casa o salta l’Italia», spiega. «Non c’è un problema tra il Pd e il governo, siamo stati assolutamente leali. Il tema è tutto e solo politico». Ma l’interrogativo è inquietante, secondo il sindaco di Firenze, e la risposta è urgente: «Il governo, così com’è, aiuta il percorso delle riforme o no?». La risposta appare implicita e la promessa anche. «A un anno dall’inizio della legislatura, la crisi istituzionale è ancora più profonda. A oggi, non abbiamo ancora dato una risposta a questa crisi». Quello che c’è è la legge elettorale: «L’Italicum è la risposta che la politica mette in campo per superare quella crisi, ma è anche la risposta a spinte economiche e sociali». E insieme alla legge elettorale, ricorda il leader del Pd, c’è anche «la riforma del Senato e del Titolo V». Insomma, le cose da fare ci sono e il tempo che occorre va oltre quel 2014 su cui si è impegnato Letta.Per il premier è un affronto. Se Renzi può andare oltre, anche il capo del governo si sente in grado di arrivare a fine mandato. Il segretario democratico, però, ha inserito la marcia alta e fila come un treno. Inizia a sondare i leader dei partiti per capire con chi potrebbe formare il nuovo governo. Chiuso nel suo studio a Largo del Nazareno vede Bruno Tabacci del Centro democratico e sente Nichi Vendola, approdato a Roma con i suoi fedelissimi. L’idea di una replica dell’Unione di Prodi non è percorribile per il sindaco fiorentino, né sembrano esserci le premesse, ma si fa strada l’ipotesi di una spaccatura di partiti come Sel, dove Vendola non si lascia tentare da un governo con il Nuovo centrodestra di Alfano. Anche Scelta civica potrebbe dividersi di fronte alla staffetta. Andrea Romano è certo che Letta «comprenda l’esigenza di voltare pagina davvero arrivando rapidamente ad un nuovo governo che sia guidato anche da un’altra personalità». Quanto al vicepremier, Alfano lascia che sia il Pd a sbrogliare la matassa. Di certo, l’idea di arrivare al 2018 piace ai piccoli partiti. Pure la Lega sembra interessata al cambio della guardia. Ma anche Silvio Berlusconi attende che la nebbia si diradi per prendere una posizione.Renzi registra tutto e prepara l’assalto di domani. Ma proprio per non lasciarsi confondere le idee torna a Firenze e va allo stadio per Fiorentina-Udinese di Coppa Italia. Oggi, dopo l’incontro con Letta, saprà quale pedina muovere.