venerdì 11 ottobre 2013
Lampedusa: pronta per i 78 bambini ospiti una soluzione più dignitosa. Il trasferimento dall'isola potrebbe iniziare già oggi. Il governatore della Sicilia fa sapere di aver raggiunto un accordo. La loro richiesta è di poter restare insieme. IL VIDEO (di Paolo Viana)
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In ventiquattro ore fuori tutti i bambini dal centro di prima accoglienza di Lampedusa. La situazione dei più piccoli aveva già suscitato l’indignazione di Papa Francesco e la mobilitazione della Caritas. Ieri il governatore della Sicilia Rosario Crocetta ha assicurato di aver raggiunto un accordo per una «soluzione temporanea» in «strutture dignitose». Save the Children, che opera nel Cpa nell’ambito del progetto Presidium, si sta già attivando. Il trasferimento potrebbe già avvenire oggi. I minori sono i più esposti ai problemi igienici e psicologici derivanti dal sovraffollamento della struttura che dovrebbe ospitare 250 persone, ne ha accolte 1.029 nelle ore immediatamente successive al naufragio e 655 adesso, dopo il trasferimento di 113 immigrati avvenuto ieri. Dei bambini presenti, 40 sono completamente soli (tecnicamente "non accompagnati") e 38 di loro sono eritrei sopravvissuti al naufragio, quindi sommano alla mancanza di qualsiasi sostegno i disturbi post traumatici tipici di queste situazioni. Il problema non è nuovo: i minori non accompagnati si aggirano tra il 10 e il 15% degli oltre trentamila profughi sbarcati dal primo gennaio sulle coste del Meridione d’Italia. Questi ragazzi «possono essere richiesti in affido temporaneo ed entrare nel percorso delle adozioni - spiega Alessio Fasulo, operatore dell’organizzazione nel Cpa - ma la loro condizione di naufraghi e potenzialmente di profughi rende più complesso e non più spedito l’iter; la tragedia ne aggrava la vulnerabilità e qualsiasi soluzione deve garantire innanzi tutto loro e corrispondere alle esigenze che possono esprimere». La prima delle quali, se si considerano le richieste che emergono in queste ore dal gruppo di Lampedusa, è di essere trasferiti tutti insieme, cioè senza dividere una "famiglia" che si è formata in seguito alla tragedia del mare. Che tipo di storie ci siano alle spalle di questi ragazzi ce lo spiegano Awet ed Henoc. Il primo studiava meccanica, il secondo psicologia ad Asmara, ma il loro governo aveva deciso che dovevano fare i soldati. «Sono stato rinchiuso in un campo di addestramento per un anno e mezzo, poi sono scappato in Etiopia e in Sudan» spiega Henoc. Per uscire dal campo ha dovuto corrompere le guardie, ma quello che lo aspettava era addirittura peggiore. Racconta Awet: «Siamo stati caricati su un camion e portati in Libia, ma nel sud del Paese ci hanno intercettato gli oppositori del governo. Le ragazze sono state rapite e stuprate, io mi sono trovato un bambino armato di pistola che giocava a puntarmela alla testa. La nostra vita non valeva nulla e nessuno poteva difendere nessuno. Un centinaio di noi è stato ucciso ed è rimasto nel deserto». Comprensibilmente, chi è arrivato al mare non si è chiesto se la traversata sarebbe stata pericolosa. E chi è sopravvissuto al naufragio vive tra incubi e sensi di colpa. Come Solomon, sedici anni: «Viaggiavo con la zia e mio cugino. Lui aveva solo tre anni. Quando mi sono trovato in mare, al buio, ho solo pensato di nuotare. Ora dico, come ho potuto lasciare mio cugino e mia zia là sotto?». Save the Children e le altre Ong di Presidium cercano di tenere impegnata la mente dei ragazzi all’interno del Cpa utilizzando i pochi mezzi disponibili, ma la sorveglianza non è impeccabile e molti trascorrono le giornate sulle spiagge dell’isola o vagando in paese. «La situazione di promiscuità con gli adulti è un problema - ammette Fasulo - cui si aggiunge quello della dieta, perchè molti ragazzi non sono abituati a nutrirsi di pasta, alimento onnipresente nelle razioni». Insomma, bisogna fare presto, ben sapendo che le criticità sono molte. La stessa procedura per verificare l’età dei ragazzi è oggetto di controversia: lo Stato utilizza la Rx del polso per "datare" il minore ma il margine d’errore può arrivare fino a due anni e l’organizzazione chiede un esame multidisciplinare, con l’aiuto di pediatri e psicologi, che prolunga tempi e costi. Eppoi i fondi: alcuni Comuni hanno "intimato" alle comunità per minori di non accogliere nuovi ospiti perchè le casse sono vuote. Il decreto Letta, forte di uno stanziamento di 20 milioni, potrebbe sbloccare la situazione, ma molto dipende, obiettano gli operatori, dal "quando" e dal "come" questi finanziamenti verranno erogati. «Questa tragedia dev’essere lo stimolo ad affrontare - rilancia il portavoce dell’organizzazione sull’isola, Michele Prosperi - i nodi del sistema integrato per gestire i minori soli, della banca dati, del numero dei posti in comunità che dev’essere certo e degli standard di accoglienza che devono essere omogenei. Esiste un disegno di legge firmato da tutti i gruppi parlamentari. Sia approvato per decreto».
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