Lo chiamano ostruzionismo, ma dipende dai punti di vista: in democrazia non si dovrebbe ricorrere a questa etichetta per qualificare il tentativo (quand’è nel merito, e non strumentale) di modificare una legge in un dibattito parlamentare se non se ne condividono punti decisivi, e se perdipiù essa va a incidere sulla vita e la morte dei cittadini. Ma la legge sul fine vita che oggi torna a Montecitorio con la discussione generale sugli emendamenti (628 per sei articoli irti di questioni irrisolte, la metà dei quali sui dieci commi del controverso articolo 1, quello sul «consenso informato») è un percorso complicato fin dall’inizio, con una maggioranza anomala – Pd con M5S più Sinistra italiana, Democratici e Progressisti e parte di Forza Italia – a spingere per l’approvazione così com’è. A limitarsi ai numeri, il gioco è fatto. Ma è chiaro che il Pd valuta con estrema cautela la mano tesa dai grillini e soffre il dissenso compatto dei centristi di Alternativa popolare, alleati di governo, così come della propria componente cattolica. E certo non può tranquillizzare nessuno il voto a scrutinio segreto previsto su una materia 'di coscienza'. La relatrice Donata Lenzi (Pd) già prefigura uno slittamento del voto ad aprile, rinvio in realtà funzionale ad accorciare i tempi. Il regolamento della Camera prevede infatti che «se l’esame di un provvedimento slitta al mese successivo rispetto a quello previsto – spiega Lenzi – si abbiano tempi contingentati e non illimitati per l’esame degli emendamenti». Se dunque oggi il ddl sulle «Disposizioni anticipate di trattamento» apre l’ordine del giorno se ne potrebbe già sancire il rinvio per poi puntare al varo entro aprile. Ma le incognite sul percorso sono ancora molte, a cominciare dalla posizione espressa di M5S, assai scomoda per chi si è sempre detto contrario a esiti eutanasici di una legge sul fine vita.
Dalla frenata sulla stepchild adoption d’inizio 2016, all’apertura sull’eutanasia a opera di Beppe Grillo sul palco di Lugano lo scorso weekend. Nel giro di un anno che cos’è cambiato nel Movimento 5 Stelle sui temi etici? Sintetizzando al massimo, potremmo dire che – in realtà – non si è registrata una virata netta verso una direzione precisa. Perché, in fondo, la linea è rimasta la stessa: si procede con posizioni vaghe, figlie del sentiment e delle convenienze politiche del momento, possibili 'grazie' al fatto che i grillini siedono sui banchi dell’opposizione e non della maggioranza. Un atteggiamento attendista, insomma, che molto probabilmente verrà confermato anche nell’aula di Montecitorio, dove oggi riprenderà l’esame della proposta di legge sul testamento biologico. A mutare, semmai, è il metodo con cui viene impostata la strategia del M5S su determinati argomenti, dove pesa come un macigno il vuoto decisionale lasciato dalla scomparsa della 'mente pentastellata', ovvero Gianroberto Casaleggio, il 12 aprile scorso. Ma, procedendo con ordine, per cercare di rispondere in modo dettagliato alla domanda iniziale, può essere utile riavvolgere il nastro di circa 14 mesi.
A febbraio 2016, nel momento clou delle votazioni sul ddl Cirinnà sulle unioni civili, dal blog arrivò una mossa a sorpresa: i vertici del M5S non vincolarono a logiche di partito il voto dei parlamentari su una questione delicata e particolarmente sensibile come 'l’adozione del figlio del partner'. Fu soprattutto il guru milanese a spingere per un passo indietro - avallato da due dirigenti di punta (e di estrazione cattolica) come Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista - nella convinzione che in questo modo non si sarebbe perso per strada il sostegno del cosiddetto elettorato moderato. Ecco, come quel dietrofront sulla stepchild adoption non ha rappresentato una vera e definitiva svolta del Movimento sui temi etici, anche adesso andrebbero prese con le molle le dichiarazioni in cui Grillo elogia il 'metodo svizzero' sul suicidio assistito (oltre che sulle case chiuse, in materia di prostituzione). Sono parecchi, infatti, gli elementi che suggeriscono di utilizzare una buona dose di cautela nel considerare le esternazioni del fondatore come punti fermi del programma dei Cinque Stelle. Anzitutto, l’affermazione («Il suicidio assistito è una grandissima cosa che dovremmo fare anche in Italia») viene pronunciata nel corso dello spettacolo teatrale 'Grillo vs Grillo', cioè il Grillo comico contro il Grillo politico, ed è probabile che sia stata la prima 'anima' a parlare, visto che si trattava di uno show a pagamento e non di un comizio. Secondo aspetto: alla frase in questione sono seguite alcune precisazioni che hanno lasciato aperta la porta a varie strade future («La vita, la morte, è una convenzione su cui bisogna riflettere e discutere» ha aggiunto il numero uno del M5S davanti al pubblico elvetico). Il terzo indizio alla prudenza è dettato proprio dalla location in cui Grillo si è espresso, cioè a Lugano, in Svizzera, in quel Paese che ha legalizzato l’eutanasia e dove appena un mese fa ha scelto di morire dj Fabo.
Altro fattore da non sottovalutare è il silenzio del gruppo parlamentare, che nelle ultime 48 ore non ha sposato l’uscita del capo genovese sul fine vita. Ciò non si traduce in una presa di distanza, per carità, ma non è certo un segnale di condivisione totale del Grillo-pensiero sul punto, anche perché c’è una minoranza tra Camera e Senato che disapprova una linea tanto estrema. «Non c’è il minimo collegamento tra quanto sostiene Beppe nei suoi spettacoli e le proposte che emergono dal lavoro di deputati e senatori in Parlamento. Le due cose sono ben separate», precisano fonti interne al Movimento. Oggi, come si diceva, approderà nell’emiciclo della Camera il testo sulle Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento).
Il M5S ha presentato «poco meno di 60 emendamenti», su un totale di oltre 600 proposte di modifica, dopo che – con un voto online a metà settembre sulla piattaforma Rousseau – la netta maggioranza degli iscritti ha dato il via libera per esprimersi favorevolmente sulla proposta di legge sul testamento biologico. Ora, però, quale comportamento terranno i grillini in Aula? «Il testo base ci soddisfa, in quanto è equilibrato e condivisibile – rivela chi nel Movimento si sta occupando del dossier –. I nostri voti, comunque, non sono sicuri al 100%, ma restano vincolati alla versione finale del ddl, perché se verrà annacquato non lo voteremo». Intanto, Di Maio scarica sul governo la responsabilità sul destino del testo e fa un distinguo tra testamento biologico ed eutanasia: «Il vero tema è capire se il provvedimento all’esame della Camera, che è sul testamento biologico e non sull’eutanasia, possa essere approvato entro la fine della legislatura. Perché vedendo i vari stop and go, è chiaro che il problema è interno alla maggioranza». E risulta difficile ipotizzare che un nodo del governo possa essere sciolto con il contributo decisivo della principale forza d’opposizione.