In vista dell’Expo, Milano affila le armi contro la
criminalità organizzata. Il ministro Angelino Alfano è arrivato in città ieri
per firmare il protocollo “Expo Milano 2015 mafia free” con tutti gli attori
coinvolti nel grande evento: Comune, Regione, Prefettura e la società di
gestione del grande evento, Expo Milano 2015 Spa. Il documento prevede
l’implemnetazione delle forme di collaborazione, dai controlli sul territorio
allo scambio delle informazioni, fino alla implementazione della Dia (la
Direzione investigativa antimafia) e delle forze dell’ordine in collaborazione
anche con l’estero. Fra poco meno di un mese, infatti, il cantiere del sito
espositivo alle porte di Milano, ospiterà «60 cantieri in un unico
cantiere» con i primi 40 Paesi partecipanti all’opera per costruire i primi
padiglioni.
«Expo diventerà una vetrina internazionale su cui si
accenderanno i riflettori del mondo – ha detto il prefetto di milano Paolo
Francesco Tronca – ma è anche “un’occasione” accattivante per le organizzazioni
criminali». Oltre al nuovo piano, il ministro dell’Interno Alfano ha anche
annunciato l’arrivo di nuovi agenti e poliziotti a Milano e in Lombardia. Le
nuove risorse saranno reclutate in deroga allo stop del turn over. Il 55% dei
poliziotti che andranno in pensione, ha spiegato Alfano, saranno sostituiti con
nuove assunzioni. In aggiunta a questi, il governo ha inoltre stanziato,
già a partire dal 2014, 38 milioni di euro per la sicurezza nel capoluogo
lombardo. «Oggi - ha detto Alfano - schieriamo
in campo una forte squadra che si chiama Italia, Stato e Milano. Si gioca tutti
sotto la stessa bandiera che è quella dello Stato senza distinzioni politiche.
Il messaggio che diamo è che lo Stato è più forte dell'anti stato e di chi
intende violare le sue leggi». (Daniela Fassini)
L'analisi
Sarà un Expo “demafiazzato”, assicurano le istituzioni ad ogni livello. Per i boss una brutta notizia. Ma c’è da stare certi che non se ne staranno con le mani in mano. Perché Expo vuol dire anche turismo, divertimento, tempo libero e una serie di business collegati all’Esposizione universale. Pochi giorni fa se ne è avuta la riprova. Il controllo su alcune delle più note discoteche milanesi, attraverso i servizi di sorveglianza e di buttafuori, è pressoché monopolizzato dai padrini arrivati dal profondo Sud. Con gli impresari del settore disposti a chiedere la "protezione" non solo per evitare guai con i boss, ma in qualche caso perfino per ottenere dai clan della ‘ndrangheta, che in Lombardia conta almeno sedici cosche, anche il servizio di recupero crediti. Un pacchetto “full optional” con cui le propaggini delle mafie del Sud stanno colonizzando interi comparti. Lo dimostrano i tredicimila beni confiscati nella regione più ricca del Paese. Auto di lusso, gioielli, opere d'arte, aziende, conti bancari e 963 immobili. Del resto lo scorso 5 dicembre la Direzione investigativa antimafia ha consegnato al ministro Alfano l’ennesima allarmata relazione sullo stato di (buona) salute dei clan diretti sempre più a Nord. “L'infiltrazione della 'ndrangheta in Lombardia continua a manifestarsi attraverso lo sviluppo di strutture organizzative e l'estensione della rete relazionale con la cosiddetta area grigia”. Professionisti, imprenditori, uomini politici, grazie a cui i capibastone possono prosperare. (Nello Scavo)