Vigili del fuoco al lavoro dopo l'esplosione ad Ercolano - Ansa
Un boato ha sconvolto la cittadina di Ercolano, alle porte di Napoli: l'esplosione di una fabbrica di fuochi artificiali ha provocato la morte di tre persone: un ragazzo straniero di 18 anni, padre di una bimba di quattro mesi e due gemelle di 26. Tutti erano al primo giorno di lavoro. Dai primi accertamenti dei carabinieri é emerso che il luogo dove c’è stata l’esplosione fosse un unico appartamento rialzato. Dalle indagini pare che la casa fosse stata adibita a deposito e fabbrica abusiva di fuochi d’artificio. Non è ancora chiaro chi sia l’utilizzatore dell’immobile. Sembra che il “laboratorio” fosse stato aperto questo fine settimana in vista delle festività natalizie. Nel quartiere, in via Patacca - una zona rurale ai confini con San Giorgio a Cremano - si è radunata una folla di persone, con i parenti delle tre vittime, mentre una nube di detriti è visibile a chilometri di distanza.
«Ci hanno chiamato i carabinieri - riferisce la signora Anna Campagna, parente di una delle vittime - dicendoci che era scoppiata la fabbrica di fuochi d'artificio dove stavano mio genero di 18 anni e due ragazze che hanno tra i 18 e i 20 anni e che non conosco. Da quello che sappiamo non c'erano altre persone all'interno del capannone perché mio genero ci ha chiamato alle 13 dicendoci che stava mangiando un panino con le due ragazze e che non c'erano altre persone con loro. Era il primo giorno di lavoro per tutti e tre. Da quello che abbiamo capito - aggiunge la donna - la fabbrica è stata aperta tra venerdì e domenica e oggi era il primo giorno effettivo di lavoro. Non so chi la gestisca - la sua testimonianza - so solo che stamattina sono andati a prenderlo all'esterno di un bar per avviarlo al lavoro».
Il sindaco: «Grandissimo dolore»
Sul luogo della tragedia è giunto il sindaco di Ercolano, Ciro Bonajuto, che si è trovato davanti «una scena di devastazione e distruzione ma anche di grandissimo dolore», dice il primo cittadino. «Lì si confezionavano fuochi d'artificio - conferma - ma né al Comune né alle altre autorità sono mai pervenute richieste di autorizzazione. Dei giovani non possono morire così - aggiunge Bonajiuto -. Dobbiamo insegnare ai giovani che la via maestra, anche se la più lunga, è quella della legalità e del rispetto delle regole affinché quanto accaduto qui non possa più accadere».
Il sindacato: «Sdegno e cordoglio non bastano più»
Una dura reazione è arrivata dalla Cgil di Napoli e Campania. «Una strage senza fine, una tragedia quotidiana a cui aggiunge la rabbia per la giovanissima età delle vittime e per il fatto che era al primo giorno di lavoro in una struttura abusiva - ricorda
il segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci -. Non basta più il cordoglio e lo sdegno ma interventi concreti e urgenti in materia di sicurezza sul lavoro e anche sul fronte della legalità. Con quelle di oggi salgono a 67 le vittime dall'inizio dell'anno nella nostra regione. Al Governo Meloni, che continua con la politica dei tagli, anche sulla salute e la sicurezza di lavoratrici e lavoratori, non possiamo che rispondere con la protesta e lo sciopero generale, ormai l'unico strumento a disposizione per fare arrivare a Roma la voce di chi ogni giorno esce di casa per portare il pane a casa e, sempre più spesso, non vi fa più ritorno. Anche per queste ragioni il 29 novembre scenderemo in piazza a Napoli», conclude Ricci.
«Così muore anche la democrazia»
«Questo Paese ha ancora una coscienza quando si parla di operai?», si chiede Bruno Giordano, magistrato presso la Corte di cassazione, docente universitario e già direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro. «Pensiamo al Pil, ma continuiamo a uccidere e ferire operai, dilaniati, amputati, abbandonati, senza pietà - aggiunge Giordano, ricordando l'operaio egiziano gravemente ferito in un cantiere di Grado e abbandonato a un distributore di benzina -. Quasi fossero rifiuti di una società senza pietà. Da troppi anni diciamo basta alla macabra retorica davanti alle bare degli operai, che ormai fanno cronaca solo se sono più di tre contemporaneamente, altrimenti sono solo nomi in un obitorio. Se una democrazia si fonda sul lavoro, e il lavoro è malato, sfruttato, uccide operai e il futuro dei loro figli, genitori, coniugi, ad ammalarsi e a morire è anche la democrazia. Morti e feriti di lavoro non sono un fenomeno, qualcosa di misterioso, e nemmeno di casuale, qualcuno vuole che passino per una fatalità e un costo umano normale e necessario - aggiunge il magistrato -. Invece, ci sono precise dinamiche e responsabilità, per chi gestisce un’impresa, per i consulenti, per chi nelle istituzioni non ha il coraggio di assumersi la responsabilità dell’inerzia, dell’incompetenza». E così conclude Giordano: «Sono inaccettabili le facce contrite in Parlamento e i minuti di silenzio, per poi dare incentivi alle imprese, parlare di intelligenza artificiale e discutere se insegnare sicurezza del lavoro nelle scuole».