Ha passato le ultime 72 ore nella
war room del premier. «Rabbia? Forse delusione, all’inizio, ma nelle ultime ore Enrico era molto sereno, leggero», assicura Francesco Russo, il senatore forse più vicino a Letta. «Lui è un leader che scommette sulla serietà e sulla fedeltà alla parola data. Non credo che piccole o grandi delusioni cambieranno il suo modo di essere. Non considererà mai il cinismo una virtù, né coltiverà rancori».
Rifiuterà davvero un dicastero di prestigio? Sì, ne sono certo. E non sarà un capocorrente né si candiderà alle Europee. Lavorerà nel Pd e per il Pd. Le
boutade su un nuovo partito centrista sono ridicole. Noi il Pd lo abbiamo sognato e costruito, la volontà di Letta è farlo crescere, modernizzarlo, evitando però la deriva del partito di plastica, tutto immagine e slogan.
Pensa alla rivincita, magari alle prossime primarie per Palazzo Chigi? Non penso sia nei suoi progetti. Lui esce da questa esperienza con uno standing molto elevato: è, con Napolitano, la personalità politica italiana più autorevole in Europa e nel mondo. Ha rapporti che vanno oltre la semplice simpatia con i principali leader, a partire da Obama.
Tutto ciò serve e servirà molto all’Italia e alle istituzioni. Voterete la fiducia a Renzi? Si, senza dubbio. Cosa vi ha ferito delle parole del segretario? L’idea della 'palude'. Se c’è uno che ha remato nella palude e l’ha superata, quello è Letta. Renzi, invece, trova una strada non dico pianeggiante, ma almeno pedalabile.
Il Renzi I arriva al 2018? Me lo auguro, ma non ci scommetto. Aver riportato Alfano e Casini nell’orbita di Berlusconi significa una sola cosa: non appena il Cavaliere penserà che sia il tempo di andare a votare, riuscirà ad aprire la crisi.