giovedì 7 marzo 2024
Ascoltato in Parlamento Raffaele Cantone, procuratore capo di Perugia, che indaga sui presunti ingressi illeciti negli archivi degli investigatori. «Approfondiremo l'attività sui fondi della Lega»
Raffaele Cantone

Raffaele Cantone - ANSA

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Una mole «mostruosa» di accessi, quella del finanziere Pasquale Striano, nell’ordine di 10mila accessi e download di oltre 33mila file scaricati dalla banca dati della direzione nazionale Antimafia. Un’attività di «ricerca spasmodica di informazioni» in cui Striano non era solo, visto che gli accessi illegittimi emersi durante l’indagine di Perugia sono continuati anche dopo l’avvio dell’inchiesta su di lui e il suo trasferimento ad un incarico non operativo. Nel giorno dell’audizione prima in Commissione Antimafia e poi al Copasir del procuratore di Perugia Raffaele Cantone, titolare dell’indagine sul caso di dossieraggio di personaggi del mondo della politica e di vip ad opera del tenente della Guardia di Finanza Striano (e il giorno dopo l’audizione del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, anch’egli ieri al Copasir) emergono nuovi «inquietanti» dettagli su quella sorta di «verminaio» - come lo bolla Cantone - che ruota intorno alle Segnalazioni di operazioni sospette (Sos). Ed è il titolare dell’ufficio umbro a non lesinare nuove informazioni su un’indagine ben più ampia di quanto si pensasse all’inizio.

In quattro anni, stando a quanto riferito da Cantone, il tenente all’interno della banca dati Siva ha consultato 4124 Sos e digitato il nominativo di 1531 persone. Un numero «destinato a crescere ulteriormente» che ha fatto perciò emergere la vulnerabilità di diverse banche dati a livello nazionale, anche perché è lo stesso procuratore generale di Perugia a domandarsi durante l’audizione: «Che fine hanno fatto gli atti prelevati? Quante di queste informazioni possono essere utili anche ai servizi segreti stranieri?».

Cantone premette che del tema ne avrebbe parlato al Copasir, ammettendo che parte delle informazioni a cui ha avuto accesso Striano sono coperte dal segreto, ma nega «assolutamente» eventuali rapporti con i servizi segreti stranieri di Striano, così come «sulle finalità eversive» delle ricerche, Cantone dice di non avere elementi. Per ora dall’indagine non sono emerse motivazioni economiche sul perché il finanziere facesse quelle ricerche - principalmente su esponenti di centrodestra - mentre è oramai chiaro che c’erano fini mediatici (sono quattro i giornalisti indagati sui 14 totali). Tanto che Cantone aggiunge ci siano state anche due fughe di notizie che hanno «inoltre danneggiato l’indagine».

Al di là dei rapporti del tenente con amici giornalisti che, secondo le ipotesi, avrebbero commissionato le ricerche (a sostegno c’è il sospetto di chat cancellate almeno con uno di loro), i riflettori sono ora accesi sull'eventuale rete del militare, indagato assieme al sostituto procuratore antimafia Antonio Laudati. «Sappiamo che Striano operava in pool, il coordinatore era lui. Ci sono stati altri accessi alle Sos durante questa fase e continuiamo ad averne di abusivi ad altre banche dati - spiega Cantone - . C'è un sospetto forte, ma non c'è ancora la prova del mandante». Il titolare dell’inchiesta è convinto che «il mercato delle Sos non si è affatto fermato» e che ci siano altri “spioni”, per questo è stato aperto un altro filone di indagine che potrebbe ancora allargare il dossier gate, già trasmesso ai pm di Roma.

Sicuramente il caso giudiziario è diventato un caso politico, con il centrodestra che chiede trasparenza e chiarezza. Come pure aumenta il pressing per l'audizione in Commissione parlamentare Antimafia dello stesso vice presidente della commissione ed ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, all’epoca dei fatti proprio responsabile della procura antimafia. A decidere se ascoltarlo potrebbero essere nei prossimi i presidenti di Camera e Senato. L'ex capo della Dna, ora deputato M5s, è infatti sempre più accerchiato dai colleghi di centrodestra e di Italia Viva. «È un mio diritto da parlamentare esserci», ha spiegato ieri entrando a Palazzo San Macuto e replicando indirettamente all’altro vicepresidente, Mauro D’Attis, il quale aveva chiesto assieme ad altri colleghi che de Raho si astenesse dal presenziare alle audizioni.


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