lunedì 16 dicembre 2019
Qui guardano ciò che una persona sa fare e non ciò che non sa fare
Nella casa dei sorprendenti ragazzi del "Centro don Orione"

Predicano e praticano un paio di regole su tutte. Una è «guardare ciò che una persona sa fare e non ciò che non sa fare», l’altra è una sfida, «creare lavori per disabili in un posto dove lavoro non c’è». E intanto hanno anche reso questo posto «una sorta di oratorio che offra eccellenze sportive a chi non potrebbe permettersele».

Così il “Centro don Orione” a Ercolano segue ragazzi disabili (una quarantina in residenziale, oltre cento in semiresidenziale e una sessantina con l’ambulatorio e l’assistenza domiciliare). Lavorando e sorridendo e un po’ più di questi tempi, col Natale alle porte.

Molti laboratori (dalla ceramica, alla falegnameria, alla musica) e altrettante attività, animali da accudire, un grande orto da coltivare, appunto sport, ma anche pranzi e cene insieme da divertirsi davvero, i volontari che vengono a trovarli, il golfo di Napoli che si vede dai balconi. «Sanno qui di poter dire “io ci sono, io so fare questo, io sono presenza al mondo”», spiega Giuseppe Oliviero, terapista della riabilitazione.

E aggiunge la cuoca del Centro, Maria Rosaria Tortora, «il loro amore è puro, pulito, non chiede nulla in cambio. Loro, se ti abbracciano, ti baciano, non ti ingannano». Danno, e danno tanto: «La serenità – va avanti Emilia Sorrentino, operatrice sociosanitaria – quella che noi cosiddetti “normali” non apprezziamo quando l’abbiamo». Maria Riccardi è operatrice anche lei sociosanitaria, vent’anni fa ha svolto qui il servizio civile, «da quel momento non sono più riuscita ad andarmene, sono troppo legata ai ragazzi».Nessuno ci avrebbe creduto, «invece sono stati in grado di imparare quello che si vede», dice Alessandra Pacella, terapista occupazionale. «E nessuno viene tagliato fuori, chi ha più abilità e capacità, chi ne ha di meno, non importa – racconta Nello Cataldo, terapista della riabilitazione -, ciascuno di loro fa la sua parte».

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