«Guardi che ho la nota pronta, appena esce, e se esce, la nomina di D’Andrea, la mando a tutto il mondo...». Detto, fatto. Appena noto che l’esponente dei democratici sarà sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, e senza alcuna compagnia politica, il capogruppo del Pdl al Senato mobilita le agenzie di stampa: «È stato violato il principio, in questo istante il mio giudizio su Monti è molto, molto, molto negativo. Ne terrò conto per il ruolo che ho in Aula». E il suo discorso si estende anche a Magri, vicinissimo all’Udc. Non che intorno a loro due ci siano "tecnici puri", i partiti hanno indicato esperti "amici", e in alcuni casi è possibile anche risalire alle diverse correnti di riferimento. Ma tutto ciò era negli accordi, a sentire gli scontenti. Mentre D’Andrea viene ad essere, per alcuni esponenti del Pdl, il «caso» che richiede la «cancellazione dell’equivoco» da parte di Monti. «Non è questo che metterà in discussione il progetto del professore», replicano gli azzurri "moderati", a dimostrazione che il dibattito interno al Pdl è ancora molto articolato. Ma anche sondando tra i colonnelli Pd non ci sono grida di giubilo. I nomi sono stati accolti, ma non disposti «come speravamo», dicono dirigenti di primo piano. Si contava in una maggiore "copertura" al Welfare e allo Sviluppo economico, dove preoccupa l’importante incarico da viceministro dato a Mario Ciaccia. «Un altro banchiere...», sospira la sinistra del partito che aveva già maldigerito la doppia delega che Corrado Passera aveva tenuto per sé. Ma il vero giallo è sul ritardo di novanta minuti a cui è stato costretto il Consiglio dei ministri. Novanta minuti che hanno permesso l’accavallarsi di ogni ipotesi. Chi ha seguito da vicino le "trattative" assicura che a causare il ritardo sia stato il «no» di due alti dirigenti dello Sviluppo economico, che non avrebbero accettato la soluzione economica adottata per il loro omologo Vittorio Grilli. Un «no» inatteso, che ha dovuto riaprire il tavolo delle consultazioni. Mentre non ci sarebbero stati polveroni intorno alla scelta di un nuovo ministro alla Funzione pubblica e alla semplificazione, che in un primo momento era stata attribuita alla precisa volontà del capo dello Stato. «Il presidente non ha dato indicazioni e nomi», replicano dal Quirinale