"Tutti i giorni leggo polemiche tra politici e magistrati. Un film già visto per troppi anni. Personalmente ammiro i moltissimi magistrati che cercano di farebene il loro dovere. E anche i moltissimi politici che provano a fare altrettanto. Il rapporto tra politici e magistrati deveessere molto semplice: il politico rispetta i magistrati e aspetta le sentenze. Il magistrato applica la legge e condanna i colpevoli. Io rispetto i magistrati e aspetto le sentenze. Buonlavoro a tutti". Lo ha detto il premier Matteo Renzi nella suaenews.L’avvento al vertice della magistratura di Piercamillo Davigo che - ai tempi di Manipulite - voleva «rivoltare l’Italia come un calzino» scatena un mezzo terremoto. Prima un’intervista al
Corriere della Sera in cui attacca la sinistra, accusandola di volere magistrati genuflessi, e arringa i politici di oggi che, rispetto a quelli finiti nel mirino dell’inchiesta milanese negli anni 90, «non hanno smesso di rubare», ma solo «smesso di vergognarsi», dice. «Rivendicano con sfrontatezza - aggiunge - quel che prima facevano di nascosto». Poi, quando la polemica era già scoppiata e le sue parole avevano messo in allarme i vertici del Csm alle prese con una difficile mediazione per favorire il processo riformatore, rincarava la dose (al netto di una precisazione in serata) durante la
lectio magistralis che lo vedeva protagonista all’ateneo di Pisa per un master in prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione: «Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti», era la replica al responsabile giustizia del Pd David Ermini che era tornato a chiedere ai giudici, replicando alla prima uscita di Davigo, di «parlare con le sentenze». Ma era chiaramente anche una replica a Matteo Renzi, che aveva detto cose simili nei giorni scorsi intervenendo sull’inchiesta in Basilicata. Poi, a sottolineare un sistema «proseguito ininterrotto», l’altra legnata da parte del presidente dell’Anm: «E a noi ci dicono che abusiamo della custodia cautelare: sono senza vergogna», usava di nuovo quella parola, Davigo. Argomenti e toni in grado di suscitare perplessità anche fra i magistrati. E di mettere in agitazione Piazza Indipendenza, sede del Csm, con il vicepresidente Giovanni Legnini, che - in questi casi - si consulta sempre con il presidente dell’organismo di autogoverno dei magistrati, ossia il capo dello Stato. «Le dichiarazioni di Davigo - dice Legnini - rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno» anche perché, sottolinea il vicepresidente del Csm, con «il dialogo e il confronto » si stanno ottenendo «riforme, personale e mezzi per vincere la battaglia di una giustizia efficiente e rigorosa». Ed è difficile non cogliere nella replica ferma e risoluta di Legnini una viva preoccupazione che è anche di Sergio Mattarella: non compromettere il dialogo e il cammino riformatore in corso che vede impegnate insieme, politica e magistratura, a favorire un salto di qualità nell’efficienza della giustizia e - conseguentemente - nel servizio ai cittadini. Per Emini «Davigo cerca la rissa». Delle perplessità fra i magistrati si fa interprete il predecessore ai vertici dell’Anm Nicola Palamara: «Le generalizzazioni a me non piacciono », dice. E poi «non dobbiamo cadere nella trappola del conflitto», che non conviene nemmeno ai magistrati. Critico Antonello Racanelli, procuratore aggiunto a Roma e leader di Magistratura indipendente, per i «toni eccessivi, le parole esagerate, le generalizzazioni superficiali e ingiuste». E anche Nicola Gratteri, nuovo Procuratore capo di Catanzaro, pur lamentando che «Renzi potrebbe fare di più», sostiene che «Davigo ha sbagliato a generalizzare». Perché «se si dice che 'sono tutti ladri', facciamo il gioco dei ladri». Cosicché Davigo, in serata, era indotto a precisare, lamentando di essere stato frainteso, di essersi riferito «ai fatti di cui mi sono occupato ed a quelli che successivamente ho appreso essere stati commessi. Non ho mai pensato che tutti i politici rubino, anche perché - ricordava il ragionamento fatto anche a Pisa - ho più volte precisato che se così fosse non avrebbe senso fare processi che servono proprio a distinguere». All’opposizione, invece, aprono a Davigo la Lega e M5S. Matteo Salvini si dice pronto ad incontrarlo, mentre per i grillini Luigi Di Maio ne prende le difese senza se e senza ma: «Il Pd sta attaccando un magistrato che nessun cittadino italiano possa smentire», dice il vicepresidente della Camera e esponente di punta del Direttorio. «Quei partiti, invece di attaccare Davigo dovrebbero guardare in casa loro, provare a ripulirsi in casa loro».