Ansa
La settimana inizia all’insegna del cauto ottimismo, si intravede il picco della seconda ondata e il governo fa quadrato di fronte alla pressione che viene dai governatori del Nord a riaprire per Natale. Il caso delle stazioni di sci, col rischio assembramenti che si porta dietro in ristoranti e pub, rischia di far saltare la fragile tregua siglata nel tavolo di concertazione creato fra i ministri Speranza e Boccia e i presidenti di Regione. Tocca a Giuseppe Conte prendere il toro per le corna. Sullo spostamento tra regioni a Natale, «ci stiamo lavorando ma se continuiamo così a fine mese non avremo più zone rosse », dice a Otto e mezzo, il premier. Si interverrà, però, con «misure ad hoc», nessun 'tana liberi tutti' a Natale.
«Si rischia altrimenti di ripetere il Ferragosto e non ci possiamo permettere le occasioni di socialità tipiche del periodo natalizio. Non possiamo concederci vacanze indiscriminate sulla ne- ve. Per gli impianti da sci, tutto ciò che ruota attorno alle vacanze sulla neve è incontrollabile. E con Merkel e Macron in Europa - annuncia - stiamo lavorando ad un protocollo comune europeo. Non è possibile consentire vacanze sulla neve, non possiamo permettercelo », avverte Conte. Fine delle trasmissioni.
Per tutta la giornata non si era parlato d’altro. «La scelta del Governo di tenere chiusi gli impianti sciistici potrebbe rappresentare la pietra tombale per l’economia di interi territori di una vasta area italiana», aveva detto per la Lombardia l’assessore al Turismo (ed ex campionessa di sci) Lara Magoni. Dagli amministratori della Lombardia era arrivata una vera e propria levata di scudi, parlando di «scelta scriteriata», «folle». Dal presidente del Piemonte Alberto Cirio l’invito a «trovare un punto di equilibrio », sul modello Austria, in modo da «consentire l’attività sciistica, lasciando chiusi bar e ristoranti». Per Giovanni Toti «si rischia un danno irreversibile all’economia montana».
Poi era stato il governatore del Veneto Luca Zaia, il più 'rigoroso' fra i governatori del Nord, a chiedere - almeno - che si arrivi a una gestione comune del problema, «perché chiudere Arabba mentre a Saint Moritz si scia non sarebbe giustificabile ». Ma il governo chiude, per ora, sulle linee guida per lo sci approvate dalla Conferenza delle Regioni. «Saranno discusse quando ci saranno le condizioni per aprire. Oggi non ci sono, non c’è stata discussione», avverte Francesco Boccia.
«Quel comparto è in attesa, ma come tutti gli altri deve avere la pazienza di anteporre l’emergenza sanitaria davanti a tutto », dice il ministro degli Affari regionali. Di apertura degli impianti di sci se ne potrà riparlare solo dopo le festività: «Valuteremo nel prossimo Dpcm se ci sono condizioni per fare cosa e quando», conclude Boccia. E di proposta di riapertura degli impianti «irricevibile » parla il numero due del Pd Andrea Orlando. Frena gli entusiasmi anche Roberto Speranza: «Le misure adottate stanno dando i primi effetti, ma occorre cautela e pazienza, insistere con il rigore », dice al Tg5 il ministro della Salute.
Con un indice Rt generalizzato sotto l’1 «potremo riaprire una fase diversa del Paese», ma senza bruciare le tappe, «non bisogna correre. La pressione sugli ospedali è ancora molto alta e quindi massima prudenza sia in area medica che in terapia intensiva », avverte. Il governo tiene aperta unicamente la possibilità di riaprire i collegamenti fra le regioni, ma solo mirati a riunire le famiglie e al ritorno ai luoghi di residenza, non al turismo, e solo nel caso che l’indice Rt scenda sotto l’uno ovunque, con gli altri parametri, legati alla pressione ospedaliera, che dovranno portarsi ai numeri negativi: più dimissioni e guariti rispetto a nuovi ospedalizzati e contagiati. Duro Boccia: «Con 600-700 morti al giorno parlare di cenone è fuori luogo, lo dico con grande chiarezza».
Quanto ai commensali del cenone Conte esclude che se ne possa regolamentarne il numero per decreto. Si tratterà, quindi, di una mera raccomandazione, come si era detto. «Vogliamo ridurre la socialità, ma consentire la tradizione a noi molto cara dello scambio dei doni. In questo senso dice - è controproducente limitare gli orari dei negozi».