Giorgia Meloni tra Giancarlo Giorgietti (sx) e Antonio Tajani - FOTOGRAMMA
«Il prossimo Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre arriva al termine di un anno decisamente complesso che ha visto l'Unione europea fronteggiare sfide e minacce esterne che ne hanno inevitabilmente condizionato l'agenda e con cui dovremo continuare a confrontarci». La presidente del Consiglio Giorgia Meloni affronta i temi caldi dell'economia, delle migrazioni e della politica estera nelle comunicazioni alla Camera in vista dell'appuntamento di Bruxelles di giovedì e venerdì prossimi.
L'Italia, rivendica la premier, «è una nazione virtuosa, lo testimonia l'avanzo primario, il sistema pensionistico fra i più equilibrati d'Europa. Il tutto accompagnato da dati macroeconomico stabili, soddisfacenti, da un mercato del lavoro che sta registrando dati record, da una borsa che dal 2023 sta facendo registrare la maggiore performance d'Europa, dallo spread sotto controllo». Ed è non solo al Pnrr che Meloni pensa quando dice che «non avrebbe senso continuare a definire politiche sempre più ambiziose e regole di bilancio che limitano gli investimenti necessari a realizzarli».
Giorgia Meloni esprime anche «soddisfazione per il fatto che, secondo l'ultima bozza di accordo sul Patto di stabilità la traiettoria di aggiustamento del rapporto deficit/Pil (attualmente prevista allo 0,5% annuo) dovrà tenere conto nel triennio 2025-2027 degli interessi maturati sul debito contratto per gli investimenti effettuati sulla doppia transizione verde, sulla transazione digitale e sulla difesa».
Guardando oltre confine, dice che «l''Italia è fiera di guidare, con l'Austria, un gruppo di paesi amici dei Balcani occidentali, per questo sosteniamo il piano di crescita. Il tutto condizionato da un processo di riforme». Ma è anche «evidente come l'allargamento dell'Ue porti con sé nuove sfide», in particolare gli effetti «sul bilancio e sull'efficacia dei processi decisionali». E il governo «sostiene con convinzione la raccomandazione della Commissione europea di aprire i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova», così come supporta «lo status di candidato alla Georgia» e «il cammino europeo della Bosnia-Erzegovina». Tutte «decisioni di forte valenza geopolitica per l'Europa di oggi e di domani».
Parlare di Ucraina è parlare di guerra. E «rivedere il bilancio pluriennale solo per reperire le risorse per l'Ucraina, senza pensare alle conseguenze della guerra, non aiuterebbe nemmeno l'Ucraina». Poi c'è l'altra guerra: «Dobbiamo garantire un orizzonte politico solido al popolo palestinese - chiarisce - insieme alla sicurezza per Israele: e ribadisco che l'Europa in questo può e deve svolgere un ruolo da protagonista». Un conflitto che si ripercuote già sull'Italia, dove «dobbiamo continuare a garantire la massima sicurezza alle comunità ebraiche minacciate da un'ondata montante di antisemitismo». E sul tema assicura che «sarà essenziale rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa europea». Quindi «guardiamo con fiducia al programma di investimenti per la difesa».
Sul tema delle migrazioni Giorgia Meloni rivendica come un successo l'accordo con la Tunisia, un modello - a detta della premier - da replicare: «È necessario rafforzare la cooperazione con i Paesi di partenza e di transito» dei migranti, «dobbiamo arrivare progressivamente a gestire e non subire le migrazioni. È la filosofia che sta alla base del Piano Mattei», e il governo continua a «sostenere la Commissione nei suoi sforzi per dare piena applicazione al memorandum di intesa con la Tunisia ma anche ad avviarne di nuovi, come quello già annunciato con l'Egitto».