Ieri sera il tentativo di nascita del governo Renzi è arrivato al punto di svolta. L’incaricato premier si è presentato al Colle insieme al futuro sottosegretario Graziano Delrio con la lista dei papabili per Economia, Difesa, Interni e Giustizia. Accanto ad ogni casella, due-tre nomi. E con quel foglio ancora parziale davanti, il capo dello Stato ha capito che sarebbe stata una serata lunga e impegnativa, in cui toccava a lui stimolare l’accelerazione decisiva. Così, a dieci giorni di distanza dalla cena in cui si posero le premesse del Renzi I, i due si mettono al telefono per trovare la quadra complessiva, il nome giusto per ogni dicastero. Dal Quirinale, alle 21.20, dopo due ore di vertice, esce una bozza di esecutivo che tra oggi e domani dovrà ricevere il «sì» della maggioranza di governo e non scontentare Berlusconi.L’aria che si respira al Colle non sembra delle più serene. I nodi per la squadra, il balletto intorno al nome per il Tesoro, l’escalation verbale nel faccia a faccia via streaming tra Renzi e Grillo, le rimostranze giunte al Quirinale sia da Angelino Alfano sia dalla sinistra Pd circa il patto tra il premier incaricato e Berlusconi, che da un lato può essere letto come un rafforzamento delle riforme dall’altro come un patto per un voto anticipato. Napolitano deve credere alla parola del segretario Pd e allo scenario migliore, quello della legislatura costituente, l’unico che può frenare populismo e antieuropeismo. Perciò si mette di buona lena a dare una mano per chiudere la partita delle poltrone.Il colloquio serale è dunque delicato e decisivo. Ma Matteo Renzi, al termine delle consultazioni con i partiti, si mostra sereno: «Sono decisamente convinto che ci siano le condizioni per fare un ottimo lavoro», dice dopo il burrascoso incontro con la delegazione M5S. Poi comunica la road map definitiva: «Entro sabato scioglierò la riserva, chiederò di andare in Aula per la fiducia lunedì». Poi a notte confida ai suoi: «Avrei potuto chiudere anche prima, ma preferisco fare un discorso programmatico rigoroso». Oggi e domani saranno dunque decisivi per limare il "foglietto" uscito dal Quirinale e siglare il Patto di coalizione, dopodomani il giuramento nelle mani del presidente della Repubblica. «I partiti sono consapevoli della drammaticità del momento, il Paese aspetta parole di speranza e concretezza», aggiunge come a dire che nessuno può ormai sfilarsi.«Matteo va avanti come un treno, vi dovete abituare al "detto-fatto"», dicono i suoi in serata con la solita enfasi. Lui, Renzi, da alcuni giorni è molto più istituzionale e pacato. Consapevole delle difficoltà. E preoccupato di ricucire le fratture sia con Letta («Pochi hanno un senso delle istituzioni come lui...») sia con la sinistra Pd. Al punto da aprire varchi all’ingresso della minoranza non solo nel governo, ma anche nella segreteria democrat. Il rinvio della direzione prevista oggi è la conferma che bisogna tenere sotto controllo sbandamenti e malumori. Il riserbo tenuto nelle ultime ore dagli uomini-comunicazione del sindaco serve a dire che il tempo degli scherzi è finito. E lo stesso Renzi, lasciato il portone del Quirinale, si barrica al Nazareno con Delrio per lavorare al programma da qui a luglio e sentire tutti i leader. Il doppio binario con Alfano da una parte e con Berlusconi dall’altro è l’altro grosso nodo affrontato al Quirinale. «La maggioranza di riferimento è quella che ha sostenuto il governo uscente», dice Renzi dopo le consultazioni con il chiaro intento di rassicurare Ncd. Ma Alfano non è per nulla sereno. Ieri pomeriggio i due si sono sentiti. E il vicepremier uscente ha lanciato il suo ultimatum: «Voglio nero su bianco l’impegno ad approvare l’Italicum insieme alla riforma del Senato, altrimenti il governo te lo fai con Berlusconi e lo spieghi al tuo partito». Una bella grana, che oggi sarà al centro dei colloqui informali.