Educazione e insegnanti. Non ha dubbi Giorgio Chiosso, ordinario di Pedagogia generale e Storia dell’educazione a Scienze della formazione dell’Università di Torino, da dove partire per ridare slancio alla scuola. «Sulla scuola italiana pesa il rischio della riduzione a semplice agenzia di "sapere utile" in funzione delle esigenze del mondo produttivo, basata della "scuola neutrale" sostanziata di competenze, procedure valutative, tecnologie didattiche. Una visione, in sostanza, funzionalistica.
Ma in alcuni ambienti si preferisce parlare di «formazione».Sono convinto che occorra invece rilanciare proprio l’educazione perché i ragazzi hanno bisogno non solo di saper fare, ma anche di saper pensare e di essere introdotti alla «dimensione di senso». Senza ricerca e risposte al bisogno di senso non sono possibili né libertà né responsabilità personali.
E gli insegnanti perché?Abbiamo bisogno non solo di bravi professionisti dell’insegnamento, ma anche di educatori capaci di stare con i ragazzi, di ascoltarli senza indulgenze permissivistiche, ma con l’intelligente disposizione a comprendere la fatica di crescere.
La scuola viene posta dal nuovo governo come priorità, dopo un lungo periodo demotivante. Siamo ancora in tempo? Finalmente la scuola vista non solo come un costo da tagliare, ma come una grande opportunità di crescita civile. Detto questo spero che non si avviino mega consultazioni di insegnanti e genitori che in passato non hanno dato grandi frutti. La scuola ha bisogno, oltre agli interventi edilizi, di vedere realizzata un’effettiva autonomia, potenziando gli spazi di iniziativa senza troppi lacci e lacciuoli e assicurare mediante apposite iniziative la formazione continua degli insegnanti. Libertà e qualità camminano di pari passo.
La Chiesa, i cattolici. Quali potenzialità possono mettere in campo?Il mondo cattolico rappresenta uno straordinario serbatoio non solo di sensibilità educativa, ma di concrete iniziative a disposizione di tutti. Le scuole autonome andrebbero poste nelle condizioni di alleanze triangolari con le famiglie e gli altri luoghi educativi per moltiplicare le occasioni di studio e ricreazione e sottrarre in tal modo migliaia di ragazzi alla solitudine, alla televisione, alle illusioni della realtà virtuale. Nessuno oggi dispone della bacchetta magica per contenere l’emergenza educativa, ma l’alleanza tra più soggetti (famiglie, scuole, ambienti extrascolastici) potrebbe assicurare risultati positivi oggi inimmaginabli.
Lei ha vissuto un periodo di grandi riforme, poi rallentate o dimenticate. Quale a suo avviso la riforma più urgente? Oppure non è tempo di riforme?Non ritengo che in questo momento ci sia bisogno di riforme nel senso tradizionale del termine. Quelle tentate in anni passati non hanno prodotti i cambiamenti attesi. Sono convinto che sia più efficace puntare a favorire il miglioramento molecolare dei singoli istituti, meglio se organizzati in rete. Ecco perché ritengo prioritario ampliare gli spazi dell’autonomia. In questa prospettiva non si può ovviamente prescindere da una più avvertita cultura della valutazione vista senza sospetti per garantire, per quanto possibile, una qualità scolastica il più possibile omogenea in tutto il Paese. Non è accettabile una scuola a due o tre velocità.