(prosegue da pagina 4) Il voto delle Camere le ha dato ragione, respingendo entrambe le mozioni e facendo tirare un sospiro di sollievo al premier e segretario del Pd, che sull’abilità negoziale boschiana ha innervato l’iter delle riforme costituzionali. Ma ora il nome «Maria Elena », pronunciato proprio da Guidi, riecheggia nel dialogo intercettato, e c’è chi in Parlamento chiede di nuovo che lasci, rimproverando al presidente del Consiglio di esser stato più intransigente in passato, quando il governo era guidato dal 'collega' Enrico Letta. Nel novembre 2013, il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri si difese in modo vibrante dall’accusa di 'interferenza indebita', negando d’aver favorito Giulia Ligresti, figlia del patron di Fonsai Salvatore, arrestata e poi posta ai domiciliari per motivi di salute: «Nessun favoritismo, non ho mentito a Parlamento e magistrati», scandì Cancellieri e le Camere respinsero la sfiducia. Ma qualche giorno prima, Renzi (che ancora non guidava il partito) l’aveva bacchettata: «Fossi stato il segretario del Pd, avrei chiesto le sue dimissioni ». Una linea dura espressa pure nei mesi precedenti, durante il terremoto che squassò il Viminale per l’espulsione arbitraria dall’Italia di Alma e Alua Shalabayeva, moglie e figlioletta di un dissidente kazako. «Una vicenda di cui come italiano mi vergogno», affermò Renzi. L’allora premier Enrico Letta ricompattò a fatica il Pd e sostenne il ministro dell’Interno Angelino Alfano, che rimase al suo posto dopo aver dimostrato che la catena di responsabilità di prefetti e funzionari non risaliva fino a lui. A giugno, Letta aveva appena perso un ministro, la campionessa olimpica Josefa Idem, dimessasi dal dicastero dello Sport, dopo l’uscita di articoli sul mancato pagamento dell’Ici su un’abitazione. Un abbandono «a sorpresa» fu invece quello del ministro degli Esteri Giulio Terzi, che lasciò il governo di Mario Monti, infuriato per la decisione di rimandare in India i marò Latorre e Girone, accusati di aver ucciso due pescatori indiani. Non lo imitò il titolare della Difesa Giampaolo Di Paola: «Sarebbe facile dimettermi, ma non lo farò – concluse –. Per me le istituzioni vengono prima delle emozioni».
© RIPRODUZIONE RISERVATA L’inamovibile CHI RESTA. M. Boschi