Il saluto di papa Francesco a operatori e volontari Caritas durante l’udienza a Roma. - Reuters
I territori parlano al Papa. Raccontano storie vere – quelle su cui non si mettono i like sui social, ma delle quali abbiamo bisogno – esperienze forti di Chiesa in uscita. Portano nell’udienza per il giubileo dei 50 anni della Caritas la fatica quotidiana di operatori e volontari nella scia delle tre vie indicate all’organismo pastorale dal Pontefice, ripartire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo, sviluppare la creatività. Con i vescovi legati all’organismo pastorale perché ex presidenti o ex direttori diocesani, le hanno ascoltate circa mille persone arrivate da tutte le diocesi italiane, quante consentite dalle restrizioni pandemiche. Le hanno proposte alcuni rappresentanti di 16 delegazioni regionali. Ad esempio quella piemontese.
Durante la pandemia, ad Asti, la locale Cassa di Risparmio ha messo a disposizione della diocesi 450mila euro, frutto anche del contributo dei dipendenti, condivisi con la rete delle Caritas del Piemonte. «Sono stati messi in azione – ha spiegato Claudio Arione della Caritas astigiana – quasi 90 centri di ascolto per contattare aziende di piccole dimensioni, ditte individuali o familiari in sofferenza. Oltre 230 aziende hanno ricevuto da parte della delegazione regionale, nel giro di pochi giorni, un contributo fino a 2mila euro. Secondo un modello di "welfare generativo", le stesse sono state invitate a diventare attori di solidarietà verso famiglie e persone ancor più in difficoltà. Gli esercizi commerciali o le imprese artigianali hanno così generato servizio gratuito di prossimità per oltre 17.700 famiglie seguite dalla rete dei centri di ascolto. Economicamente, ha significato quasi un milione di euro tra quanto è stato donato agli imprenditori e quanto loro hanno restituito ai più poveri. Educativamente, ha innescato un processo di vicinanza e di reciprocità che ha messo in raccordo mondi molto diversi».
Il sostegno alle imprese ad Asti per creare "welfare generativo", in Sardegna la sfida è garantire occupazione in un contesto sociale fragile
Per Francesco Paletti di Caritas Pisa questo è, però, il momento di ascoltare i beneficiati per ripensare i servizi. «In queste settimane, ad esempio, stiamo conducendo alcune interviste sul tema della povertà alimentare. Gli empori, al riguardo, rimangono una grande intuizione: danno libertà di scelta rispetto al pacco alimentare e dignità. Però le persone che stiamo intervistando ci stanno dicendo anche che preferirebbero andare ai supermercati normali e non a quelli dei poveri».
A Ventimiglia, ha spiegato Maurizio Marmo, l’emergenza migranti continua e quindi anche l’impegno della Caritas diocesana. «Lo scorso anno il ministero ha chiuso ancora una volta il Centro di accoglienza. Ma le persone continuano ad arrivare, tra queste anche tante famiglie e donne sole. Oltre al quotidiano aiuto dato a tutti presso la Caritas Intemelia, è per loro che ancora una volta ci siamo attivati: la diocesi ha messo a disposizione due piccoli alloggi e, insieme alla Diaconia Valdese e a WeWorld, da novembre abbiamo ripreso l’accoglienza per i più vulnerabili. Altri volontari ci stanno aiutando, condividendo piccoli momenti fatti di gesti quotidiani o del semplice ascolto di ricordi di una terra lontana, di un viaggio troppo doloroso, dei sogni futuri da realizzare».
Da Cagliari infine la sfida di creare lavoro con la custodia del creato. «In diocesi – ha affermato Andrea Marcello – è nata l’impresa sociale "Lavoro Insieme" per sostenere persone e territori contraddistinti segnati da una drammatica situazione socio-economica. "Lavoro Insieme" ha avviato il "Progetto Gerrei", per valorizzare le produzioni tipiche locali. Un’altra azione di stimolo è il supporto alla filiera solidale del grano duro, con lo scopo di recuperare terreni abbandonati, favorire l’occupazione di fasce deboli e remunerare in maniera equa il lavoro delle componenti della filiera.
Il tema di un’economia sostenibile emerge anche dalle riflessioni di chi, nel Sulcis-Iglesiente, vorrebbe impegnarsi per riconvertire alcune produzioni belliche, promuovendo reti di imprenditori, commercianti e professionisti per la pace e la transizione ecologica. Per vivere valorizzando il bello e il buono, senza bisogno di fabbricare armi».