L'ingresso della Casa circondariale di Busto Arsizio, in provi9ncia di Varese - Fotogramma
Risorse statali non sfruttate per un terzo (10 milioni di euro spesi su 15 milioni stanziati nel 2022) e una legge che favorisce l’assunzione di detenuti, la n.193 del 2000 (detta “Smuraglia”, dal nome del senatore che la propose), ancora in gran parte sconosciuta agli imprenditori italiani. Eppure la normativa consente loro di ridurre del 95% le aliquote per l’assicurazione previdenziale e assistenziale e di usufruire di un beneficio fiscale fino a 520 euro al mese come credito d’imposta per ogni carcerato assunto con regolare contratto. Opportunità che potrebbero rilanciare interi settori messi in ginocchio dalla crisi e consentire un’adeguata occupazione anche dopo, a chi ha scontato la pena dietro le sbarre o in regime di semilibertà.
Inoltre, i carcerati lavorando imparano un mestiere, seguono percorsi di formazione professionale e si preparano al reinserimento nella società civile. E per i pochi che già svolgono un’attività lavorativa retribuita – circa 18.500 su un totale di 56mila reclusi (dati del giugno 2022) - la recidiva risulta ridotta al 2% mentre il 70% degli “inoccupati” una volta fuori torna a commettere reati. Non solo. Il lavoro svolto all’esterno, alle dipendenze di imprese private, presso cantieri, magazzini o uffici, del quale usufruiscono attualmente solo 2.500 detenuti (ancora davvero pochi), rappresenta una delle possibili soluzioni alla piaga del sovraffollamento delle carceri ed è una risposta al fabbisogno di manodopera di aziende e cooperative.
LE ESPERIENZE VIRTUOSE DI VARESE E BUSTO ARSIZIO
Tra le esperienze in campo nei 192 istituti di pena italiani, quelle che riguardano la provincia di Varese, dove sorgono le Case circondariali del capoluogo e di Busto Arsizio che ospitano in tutto circa 500 reclusi, sono tra le più virtuose, con una recidiva pari a “0” di chi lavora e una soddisfazione piena di imprenditori e clienti finali. Se n’è parlato ieri in un convegno a Ville Ponti fortemente voluto dal prefetto Salvatore Pasquariello e dalla locale Camera di Commercio presieduta da Mauro Vitiello. Titolo: “Carcere e lavoro: diritto, rieducazione, opportunità”. A Varese, nei prossimi giorni, l’Amministrazione provinciale firmerà con le due istituzioni penitenziarie, i Comuni dell’Insubria, la Regione Lombardia e le organizzazioni datoriali e sindacali, un protocollo d’intesa, sul modello di quello varato a Milano, per la creazione dietro le sbarre di sportelli informativi per far convergere domande e offerte di lavoro. «L’idea del convegno su questo tema è nata dopo la mia visita all’istituto penale di Busto Arsizio nel giorno dell’Epifania – spiega il prefetto – e, parlando coi detenuti, mi hanno detto che vogliono lavorare e avere una chance in più per redimersi». C’è già chi lo fa, ma sono in pochi. Umberto, detenuto nella struttura di Varese, è tra quelli che usufruiscono dei benefici dell’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario: dal lunedì al sabato esce la mattina e rientra la sera per dormire in cella, da due anni e mezzo lavora alle dipendenze della Croce Rossa con mansioni di pulizia e manutenzione dei locali, ai quelli arriva ogni giorno in bicicletta: «Ho un contratto annuale rinnovabile – racconta – e qui mi trovo a mio agio sin dall’inizio, sono stato accolto benissimo da tutti, mi sento utile e ho imparato a rispettare le regole e i valori della legalità». Antonio invece è stato “preso” dalla Cooperativa La Valle di Ezechiele di Busto Arsizio per produrre la Prison Beer, in collaborazione con il birrificio The Wall di Venegono: «Non avevo mai lavorato prima, nemmeno quando ero libero, ma adesso mi sono appassionato, inoltre dal novembre scorso posso tornare a dormire a casa a Tradate dopo il lavoro svolto in sede, nel 2024 finisco di scontare i miei 7 anni di detenzione e continuerò a far parte di questo progetto». È così bravo che ora una gustosissima “bionda” porta il suo nome nell’etichetta. «In due anni come cooperativa abbiamo dato lavoro a 15 persone e nessuno di loro ha più commesso un reato, una cosa meravigliosa» ha specificato don David Maria Riboldi, cappellano a Busto Arsizio. Luca Spada invece sta… dall’altra parte della barricata, è uno titolari della Eolo Spa di Casciago che installa ripetitori per bande larghe. «Abbiamo cominciando assumendo 6 detenuti per dare un supporto telefonico ai nostri clienti – dice -, e adesso sono diventati 30, lavorano in un Call center allestito in una struttura attigua al carcere: abbiamo rilevato una grandissima qualità delle loro prestazioni professionali anche perché tenendosi occupati rompono l’inedia quotidiana e la ripetitività della vita dietro le sbarre, si sentono motivati». E un ormai ex detenuto, Gianni, che ha lavorato con la ditta Eolo è diventato così bravo che ora, da uomo libero, va nel carcere di Bollate a fare formazione ai reclusi. Gianluca Caruso, dirigente del settore pubblico del Comune di Varese, racconta delle 15 esperienze frutto della collaborazione con le carceri locali: progetti per la manutenzione del verde pubblico e per il recupero di edifici e aree dismesse: 500 euro al mese per ogni detenuto assunto, una borsa e i pasti: «Mai nessun criticità e zero recidive». E a tutto questo vanno aggiunte le iniziative lavorative all’interno delle mura detentive delle due carceri: una cioccolateria e una ciclofficina, un orto e una falegnameria con commesse anche all’estero. «Vorremmo cementare la collaborazione col territorio con la stesura di un protocollo che lavori in sinergia per migliorare il pianeta carcere, anche attraverso la pianificazione di open day per favorire la conoscenza da parte di realtà datoriali esterne su quello che è il clima all’interno dell’istituto, oltre che la possibilità di far incontrare proposta e offerta di lavoro mediante formazione e assunzione» ha spiegato Maria Pitaniello, direttore della Casa circondariale di Busto Arsizio.
LE PROSPETTIVE SECONDO IL GOVERNO
In chiusura del convegno di Varese il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, ha auspicato una maggiore sinergia fra tutte le parti impegnate nella vicenda. «Sono necessari rapporti più stretti tra istituzioni pubbliche e private, realtà imprenditoriali e consulenti del lavoro, per rendere più efficace il sistema e usufruire di una legge che c’è e funziona ma che potrebbe essere applicata meglio» ha sostenuto il rappresentante del governo che ha proposto la costituzione di istituti di pena interamente dedicati al lavoro dei detenuti. «Perché il lavoro è lo strumento che più di tutti rende migliore l’uomo – ha detto Delmastro – e dobbiamo lavorarci seriamente, dobbiamo garantire alle imprese che lavorano dentro o fuori dagli istituti che quello sia lavoro vero e redditizio per le stesse imprese. Questa è la scommessa, perché altrimenti le imprese dopo un anno o due poi smettono di fare i benefattori». E sul tema delle agevolazioni fiscali previste dalla legge Smuraglia ha aggiunto: «Ci sono già oggi dai 18 ai 24 mesi di trascinamento delle agevolazioni fiscali, questo io lo ritengo assolutamente corretto, così come ci sono le cooperative di tipo b che fra le persone svantaggiate per avere una fiscalità di vantaggio possono annoverare detenuti. Oltre una certa misura, però, potrebbe diventare distorsivo del mercato». «Tutti i soggetti devono essere coinvolti nelle varie iniziative, nella consapevolezza che il proprio ruolo si esercita meglio se insieme ci si raccorda – ha dichiarato ad “Avvenire” il prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello – e la Camera di commercio può aiutarci a dialogare con commercianti, agricoltori, industriali, artigiani».