venerdì 13 dicembre 2019
Caritas italiana e Ispettorato del lavoro, contro il caporalato, una sinergia storica, un precedente importante, l’inizio di percorso che dovrebbe estendersi in tutta Italia.
Caritas e Ispettorato del lavoro, un protocollo d’intesa contro il caporalato
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Parte da Castel Volturno, ma coinvolgerà tutto il Sud, un importante progetto di collaborazione tra Caritas italiana e Ispettorato del lavoro, contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo. Oggi presso il Centro Fernandes del grande centro costiero casertano, simbolo dell'immigrazione e del degrado sociale, è stato sottoscritto un protocollo d’intesa, immediatamente operativo, tra la Caritas, promotrice del progetto nazionale “Presidio” contro lo sfruttamento lavorativo, e l’Ispettorato Interregionale del lavoro, responsabile per le Regioni Campania, Puglia, Molise, Basilicata e Calabria.

Una sinergia storica, un precedente importante, l’inizio di percorso che dovrebbe estendersi in tutta Italia. La prima azione concreta che seguirà la sottoscrizione sarà l'istituzione di una Cabina di Regia nella quale periodicamente i referenti nazionali del Progetto Presidio ed i coordinatori regionali potranno confrontarsi con i responsabili dell’Ispettorato su buone prassi e problematiche sorte sui territori. Da questo tavolo permanente si svilupperanno le attività di informazione attraverso incontri territoriali pubblici, aperti ad operatori e lavoratori per parlare di diritti e i doveri nell'ambito lavorativo, e per illustrare le attività che svolgono gli Ispettori del lavoro, la funzione del loro servizio, le procedure per dialogare con loro ed il comportamento da tenere durante le ispezioni. Le stesse informazioni saranno veicolate anche attraverso l’utilizzo dei social considerati un mezzo di comunicazione molto efficace tra i migranti. "Questo Protocollo ha un grande significato - sottolinea l'arcivescovo di Capua, monsignor Salvatore Visco -. Dobbiamo compiere questo gesto perché se sono più di trenta anni che parliamo di caporalato e sfruttamento, non siamo un Paese normale". Certo, aggiunge, "magistratura e forze dell'ordine stanno facendo tanto ma dobbiamo investire in speranza. Gli imprenditori, la scuola, le famiglie italiane, la Chiesa, possono fare molto.

Ma - denuncia - ci vuole l'aiuto del governo che non deve arrivare qui solo dopo una strage (il riferimento è alla strage di 6 immigrati commessa dalla camorra il 18 settembre 2008, ndr) o dopo lacerazioni del territorio. Non ci servono i militari. Vorremmo vedere una presenza quotidiana delle istituzioni, perchè sia finalmente un Paese normale". È quello che assicura il direttore dell'Ispettorato interregionale, Renato Pingue. "Il Protocollo vuole creare un canale di comunicazione tra chi deve operare i controlli e il mondo del volontariato. L'ispettore non deve essere visto solo come repressivo. Il lavoratore ha paura di noi. Ma non pretendiamo le denunce formali, ci interessano le informazioni per andare poi a colpo sicuro. Iniziamo dal livello più basso del caporalato. Se lo capiamo meglio poi possiamo colpire più in alto, chi davvero guadagna sullo sfruttamento". E agli imprenditori che lamentano un'eccessiva durezza, replica che "stiamo interpretando bene la norma. Non possiamo tollerare che si diano 2 euro l'ora, situazioni abitative che non corrispondono alla nostra concezione di civiltà".

Condizioni, accusa, "di vera riduzione in schiavitù, col lavoratore che non ha neanche la forza di pensare a ribellarsi. Invece un lavoratore è prima di tutto una persona e in quanto tale deve essere tutelato dallo Stato". È quello che intende promuovere il Protocollo, anche perché, avverte Caterina Boca, responsabile nazionale del Progetto Presidio, "non c'è uno sfruttamento uguale ovunque e quindi anche il modo di avvicinarsi è diverso. Perché poi lo sfruttamento è collegato al non accesso ai servizi sanitari e di prima necessità. Non perché non ne hanno diritto ma perché non hanno il tempo o i mezzi per raggiungerli. Problemi per noi banali, per loro fondamentali". La conseguenza, denuncia, "è che la vittima di sfruttamento paga per qualunque cosa. Il caporale si inserisce laddove i servizi non sono accessibili, mentre vi potrebbe accedere se fossero pagati regolarmente i contributi". E su questo il Protocollo vuole incidere. "Il migrante - avverte Gian Luca Castaldi, coordinatore regionale del Progetto Presidio - non conosce le norme. Il padrone gli dice "se arriva l'ispezione scappa" oppure "dì che è il primo giorno di lavoro". Il lavoratore lo fa perché non sa che così nega i suoi diritti". Per questo, spiega, "stiamo realizzando dei semplici video, che i migranti potranno condividere tramite una piattaforma, che spiegano in inglese e francese, e presto in varie lingue africane, come comportarsi in caso di incidente o di ispezione, o ancora per i contratti, per far capire che le istituzioni sono le prime di cui fidarsi, che c'è una legge che li tutela, ma che loro devono fare il primo passo per combattere lo sfruttamento".

"La creazione di una rete aiuta a superare le difficoltà dei lavoratori immigrati a denunciare. Difficoltà di lingua, di conoscenza delle leggi e dei propri diritti". Così il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, commenta favorevolmente la firma del Protocollo. Infatti, spiega, "c'è una grande difficoltà di emersione del fenomeno dello sfruttamento, a causa della vulnerabilità delle vittime, spesso irregolari, che accettano anche quei pochi euro perché sono necessari per sopravvivere. Il Protocollo può favorire l'emersione del fenomeno e far crescere le denunce". Sicuramente, ripete anche lei come tanti magistrati impegnati su questo fronte, "la legge 199 del 2016 ha potenziato il contrasto allo sfruttamento e al caporalato", ma non basta. Qui il messaggio del procuratore è soprattutto al mondo imprenditoriale. "Lo sfruttamento dei lavoratori non produce ricchezza per la comunità, ma solo per pochi. È necessario riportare il mercato agricolo nella legalità". E dal Protocollo ne guadagneranno tutti, gli immigrati e la comunità. "È importante per favorire la crescita civile del territorio e l'inclusione sociale di chi vive qui da noi ormai da tanti anni, con una crescita culturale e l'inserimento in un ciclo produttivo virtuoso, contrastando l'attuale ciclo vizioso".

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