
Stanchi, sfiniti, impauriti. Tengono i figli ben lontani dalla stazione di Prima Porta, dove si ritrovano ogni mattina per cercare di trovare una soluzione in autonomia per le proprie famiglie. Tengono i bimbi nei piccoli accampamenti di fortuna che in questi giorni hanno costruito sotto i ponti che vanno da Saxa Rubra fino a Montebello, lungo la via Tiberina che da Roma va verso nord. Hanno paura che, dopo i colloqui con la polizia o con gli assistenti sociali, possano portarglieli via. Più di 120 rom, circa 70 famiglie, da venerdì girano senza meta in questa porzione della Capitale, da quando il Campidoglio ha deciso lo sgombero forzato del Camping river, l’insediamento che dal 2012 ospitava 250 di loro. «Non sappiamo dove far dormire i nostri figli», la frase più ricorrente.
Gilberto ha chiesto ospitalità a un collega di lavoro (fa il buttafuori di un pub) per sua moglie e sua figlia disabile perché non avendo un contratto non ha garanzie per affittare una casa. Sempre che qualcuno gliene dia una. «Tutti si rimangiano la parola, quando sentono che siamo rom», continua questo omone. Stamattina, insieme a qualche altra famiglia, ha appuntamento in Campidoglio con l’Ufficio rom per trattare una sistemazione più dignitosa. Anche se sembra probabile un trasferimento nel campo della Croce Rossa Italiana, dove hanno trovato un riparo-tenda almeno fino al 30 settembre tre famiglie numerose del River. Ma c’è spazio per non più di altre quattro.
Tuttavia, tra le altre ipotesi sul tavolo per loro – che il Comune si è impegnato a prendere in considerazione – anche il trasferimento nel vicino Camping Tiber che fra tre giorni avrà la disponibilità. «Ci hanno tolto da un camping per andare in un altro camping. Che senso ha?», si lamenta Lina. Ma la disperazione di vivere in strada comincia a prendere il sopravvento e sono «disposti a tutto pur di avere di nuovo un tetto». Ieri qui è arrivata una delegazione del Pd, con il presidente del partito Matteo Orfini e l’europarlamentare Silvia Costa. Che prima si era recata nell’"hub sociale" della Cri a Monteverde, in cui è stato "improvvisato" un tavolo con un assistente sociale del Comune, il responsabile dell’Ufficio rom e alcuni membri della Croce Rossa romana. Dal Comune è stata ribadita la volontà di operare «famiglia per famiglia» con soluzioni diversificate, consentendo ai nuclei di restare uniti, ma senza creare «nuovi campi».
Il Comune si deve far carico «dell’emergenza» che ha creato, «non può lasciare per strada le persone» e non pensare a bambini e disabili. La parlamentare Ue Silvia Costa, perciò ha chiesto al Campidoglio di «provare a immaginare una soluzione mix che preveda casa e lavoro», presupposto per un inserimento sociale. Parlando con loro ieri mattina, «quello che avrebbe dovuto fare la sindaca Raggi e l’assessora Baldassare», rincara la dose il presidente dem Matteo Orfini, mentre «si è fatto uno sgombero per propaganda» non pensando a famiglie e cittadini. E creando così «problemi ancora più grandi». Sulla chiusura del primo dei campi rom romani, oggi l’associazione "21 Luglio" terrà a Montecitorio una conferenza stampa per raccontare «le verità nascoste».