
ANSA
L’ideale sarebbe vedere accolte tutte le richieste: il voto ai fuori sede, l’election day e una copertura mediatica adeguata. Ma viste le premesse è improbabile che i rappresentanti dei comitati referendari su lavoro e cittadinanza escano con la posta piena dall’incontro di martedì con il governo. Sul primo punto, in particolare, i margini sono strettissimi, dato che l’esecutivo, con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha già chiarito nel febbraio scorso di considerare fallito l’esperimento delle scorse europee, dove pure hanno votato 17mila fuorisede, nonostante la scarsa informazione e l’apertura ai soli studenti. Sempre Piantedosi ha poi spiegato che non c’è la copertura normativa per estendere la possibilità alle prossime consultazioni popolari. Anche se in realtà non serve approvare una legge (e comunque ci sono già due ddl gemelli depositati dalle opposizioni unite sia in Senato sia alla Camera), perché basterebbe un decreto dedicato come avvenuto per il giugno scorso.
In ogni caso per Riccardo Magi, segretario di Più Europa e presidente del comitato referendario per la cittadinanza, le spiegazioni del ministro non reggono e ieri, alla Stampa Estera, ha ribadito il proprio convincimento sulla necessita di garantire la partecipazione democratica a chi studia, lavora o si cura lontano dal luogo di residenza. Come pure ha fatto Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, che ha promosso gli altri 4 quesiti sul lavoro e sulla parziale abrogazione del Jobs Act del governo Renzi. Entrambi porteranno le loro istanze al plenipotenziario della premier, Alfredo Mantovano, e allo stesso Piantedosi. Mentre all’esterno di Palazzo Chigi il pressing sarà affidato a un sit-in promosso dai comitati referendari e al flash mob delle associazioni studentesche che hanno aderito all’iniziativa.
Rispetto alla copertura mediatica, Magi ha ricordato le difficoltà dovute al fatto che «la commissione di Vigilanza Rai è bloccata» sulla nomina dei vertici a causa della maggioranza, ma il tema è troppo importante, ha insistito, e «servono certezze», tanto più che «i governi a cui non piacciono i referendum tendono a silenziare l'informazione». Per questo il segretario di Più Europa ha chiesto un incontro anche all’Ad della Rai, Giampaolo Rossi, che dovrebbe riceverlo la prossima settimana.
Per quanto riguarda l’accorpamento del referendum con le amministrative, i segnali sembravano più positivi, ma anche in questo caso è difficile azzardare un pronostico sulla decisione finale dell’esecutivo. Lo stesso Magi si è mostrato prudente: «Abbiamo letto che il governo starebbe andando verso l'election day, ma dal 15 febbraio non abbiamo avuto più notizie».
Ancor meno diplomatico è stato Landini, per il quale la sola ipotesi che qualcuno possa dare l’indicazione «di andare al mare o di non andare a votare» sarebbe un atto «grave e antidemocratico», perché se passassero le richieste della Cgil, si avrebbero «effetti immediati per la vita di milioni di persone», oltre a «maggiori diritti per la cittadinanza e tutele contro le morti sul lavoro». Per questo, ha aggiunto, «mi auguro che tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione» spingano per la più ampia partecipazione possibile. Landini ha poi specificato di augurarsi che anche la Cisl inviti ad andare alle urne, aprendo un capitolo sensibile, legato in qualche modo alla questione che i referendum sul lavoro stanno ponendo dentro al Pd. Un segnale in questo senso è stato l’addio al partito dell’ex segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, per divergenze di impostazione, tra cui anche il sostegno di Elly Schlein alla battaglia per il salario minimo. Il passo di Furlan ha dato qualche argomento in più all’area dei dem più moderati, convinti che l’appoggio ai referendum sia stato affrettato e possa far passare l’idea che sia il sindacato di Landini a dettare la linea al Nazareno sul lavoro.