mercoledì 3 aprile 2013
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​Il campanello d’allarme sui mercati non è risuonato, almeno ieri. Ma il lungo e paziente lavorio del presidente Napolitano per ricreare le condizioni per il dialogo fra i partiti continua per ora a non produrre frutti. E consegna alla cronaca di questa infinita crisi politica un’altra giornata di "stallo infuocato".Con le maggiori forze politiche prigioniere dell’impasse da esse stesse creato. Silvio Berlusconi scommetteva sul tracollo di Bersani e del suo tentativo e, puntando tutte le fiches sul voto a giugno, era convinto che avrebbe portato dalla sua il Pd su un governo di larghe intese e sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica. Una strategia che, "complice" anche la mossa inedita di Napolitano sui due gruppi di saggi, non si è rivelata vincente finora. Bersani, a sua volta, è rimasto invischiato nella prospettiva del "governo di cambiamento" che, in attesa degli eventi, non riesce a cambiare alcunché.E l’evento per antonomasia, che condiziona le scelte di tutti, è il conto alla rovescia per l’elezione del successore di "Re Giorgio". In questo quadro di polemiche astiose che lo hanno coinvolto, Napolitano cerca di fare il possibile per il bene del Paese. Mentre si vocifera anche del fantomatico progetto di un "governo di tutti", davanti alla marea montante delle lamentele il presidente è intervenuto per dare una "scadenza" ai suoi saggi, contribuendo così indirettamente a dimezzarli. Nulla di più facile, ora, che i cosiddetti "facilitatori" producano alla fine un documento che indichi quelle priorità a tutti note, ma che non avvicinano due leader, B&B, ormai arroccati in trincea.Nella conferenza stampa tenuta assieme i vertici del Pd, Bersani e Letta, hanno voluto dare l’immagine di un partito compatto. E, sulla scia degli inviti del Quirinale, il segretario ha detto che per questo appuntamento «cerchiamo larghissima convergenza». Un paravento, dietro al quale è ricomparsa l’immagine di un Bersani che vuole chiudere prima la partita del capo dello Stato e poi quella del governo (confidando che, a quel punto, possa ritornare lui come premier ancora incaricato). Berlusconi, "chiuso" ad Arcore e già seccato dalla conferma di Monti a Palazzo Chigi, si muove nella prospettiva opposta (prima il governo) e fa filtrare nuovi messaggi allusivi a «trappole» (a lui) e ad «ultimatum» da porre. Due posizioni inconciliabili che tengono sulla graticola il Paese. «Io non vado al mare...», ha detto uno dei duellanti, Bersani. E nuotare non è nemmeno facile, in questo mare.
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