Lampedusa, natante della Guarda Costiera con a bordo migranti passa tra un veliero turistico e uno yacht - Reuters
Alla fine, l’Italia la spunta, portando all’accordo sull’ultimo regolamento del Patto sulla migrazione ancora aperto: quello sulle situazioni di crisi. Dopo il drammone giovedì scorso al Consiglio dei ministri dell’Interno Ue, e il braccio di ferro tra Italia e Germania sulle esenzioni per le Ong, alla fine Giorgia Meloni, che nei giorni scorsi ha avuto intensi contatti con il cancelliere Olaf Scholz, ha ottenuto quello che voleva: il paragrafo contestato, inserito da Berlino all’ultimo minuto giovedì mattina nella bozza di compromesso, è stato cancellato. E così ieri gli ambasciatori dei 27 Stati membri hanno potuto votare, approvando il testo. Chiara la soddisfazione della premier. L’emendamento tedesco, ha dichiarato a Sky TG24, «faceva passi indietro sul tema delle Ong. Ora è stato ritirato ed è passata la posizione italiana». Non senza rimarcare, che «non mi sento isolata io, mi sembra che sia molto più isolata una sinistra europea che continua a ritenere di poter affrontare questa materia in modo ideologico facendo un lavoro che non aiuta nessuno». Anche Scholz parla di «svolta storica».
Il passaggio del testo tedesco affermava che «le operazioni di aiuto umanitario secondo gli standard europei non possono esser considerati come strumentalizzazione dei migranti laddove non vi sia l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o gli Stati membri». Passaggio ora cassato, rimane solo una considerazione generale che non ha valenza giuridica in cui si afferma che «le operazioni di aiuto umanitario non dovrebbero esser considerate come strumentalizzazione». Una frase già presente a luglio, senza problemi per l’Italia (vista l’assenza di implicazioni giuridiche), quando invece la Germania aveva bloccato insieme ad Austria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria e Polonia (quest’ultime due contrarie all’intero patto). Ieri le uniche a votare “no” sono state Budapest e Varsavia, mentre Praga, Vienna e Bratislava si sono astenute.
A questo punto può partire il negoziato sull’intero Patto con il Parlamento Europeo, che lo scorso 20 settembre aveva bloccato quello su due dei regolamenti già concordati dai 27 Stati membri in nome della logica del pacchetto: o tutto o niente. Soddisfatta la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Il regolamento ha dichiarato, «apporterà un cambiamento decisivo». Il tempo stringe: per l’accordo finale e l’approvazione in aula a Strasburgo c’è tempo solo fino a febbraio, a marzo l’Europarlamento sarà sciolto in vista delle Europee di giugno.
Per l’Italia il regolamento di crisi è importante, visto che fa scattare la solidarietà obbligatoria su cui i 27 Stati membri si sono già accordati l’8 giugno a Lussemburgo. Solidarietà che può essere o in forma di accoglienza di migranti nel quadro di una ridistribuzione, o versando fondi. Deroghe sono previste sull’obbligo dei Paesi di primo ingresso, in caso di crisi, di riprendersi migranti irregolari trasferitisi in altri Stati Ue. Il regolamento di crisi prevede inoltre una serie di deroghe per gli Stati di prima linea sul fronte della tempistica della registrazione e del trattamento delle domande di asilo. Inoltre, sarà possibile applicare le procedure di frontiera (accelerate, per i migranti destinati ai rimpatri), allargando le categorie a quelle il cui tasso di riconoscimento di asilo è in media al di sotto del 75% delle domande (25% in tempi normali). Su un punto però l’Italia ha dovuto ingoiare una modifica aggiunta nella bozza “tedesca”: vengono eliminate le deroghe sul fronte degli alloggi per i migranti. Più in generale su un punto l’Italia non l’ha avuta vinta: anche in caso di crisi, il principio che il Paese di primo approdo è quello responsabile del migrante irregolare, sia pure con eccezioni, in sostanza rimane. Intanto protesta Amnesty International: «Questo accordo – tuona Eve Geddie, direttrice dell’ufficio presso l’Ue - rischia di causare blocchi e arresti e di mettere le persone in condizione di bisogno lungo le frontiere europee».