La borsa. E il telefonino. Le indagini dei carabinieri puntano su questi due oggetti, strappati con violenza alla giovane donna cinese. Una rapina finita nel peggiore dei modi possibile, mercoledì sera a Topignattara, periferia est della Capitale, quartiere multietnico molto frequentato la sera dai giovani. I due rapinatori puntavano all’incasso della giornata del bar, i 3mila euro che Zhou Zheng, 31 anni, teneva nella giacca. Soldi che sono rimasti sul corpo dell’uomo a terra, trafitto dal proiettile maligno che ha ucciso padre e figlia nello stesso istante. Perché allora la donna ha resistito ai due rapinatori - si chiedono gli investigatori - se nella borsetta non c’erano soldi? E poi il cellulare: finché è rimasto acceso può avere segnalato gli spostamenti dei due criminali. I tabulati del telefonino, assieme al numero «imei» che identifica ogni apparecchio, sono al vaglio degli inquirenti. La borsa e il telefonino in mano ai due criminali sono dunque il punto di partenza dell’indagine, come rivela una fonte investigativa. Ma i carabinieri stanno passando al setaccio anche le schede di tutti i pregiudicati per rapina del quartiere e dei quadranti limitrofi, alla ricerca di ogni possibile analogia col fattaccio sanguinoso dell’altra notte. I due assassini, su uno scooter scuro, potrebbero essere italiani. Criminali non professionisti, questo sembra acclarato, vista la disastrosa riuscita del piano. Tossicodipendenti, forse, che hanno reagito ferocemente e senza ragionare alla reazione - peraltro disarmata - delle vittime. Esattamente come fa chi è sotto effetto della cocaina. Nella vicina via Casilina è da anni attivo un Sert che ha in cura circa 250 tossicomani.La procura di Roma ha aperto le indagini per duplice omicidio. Il fascicolo è affidato al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e al sostituto Annamaria Teresa Gregori. Rapina, omicidio, lesioni gravi i reati ipotizzati su cui sono al lavoro i carabinieri del nucleo investigativo di via In selci. Ieri mattina sul tavolo dei magistrati era arrivata la prima informativa.La dinamica della rapina è ormai abbastanza chiara. I due criminali hanno studiato le mosse dei Zheng. Sanno che a fine giornata Zhou o suo padre portano a casa l’incasso del bar all’angolo con via Casilina, dove c’è anche un servizio di <+corsivo>money transfer<+tondo>, attività rilevata da qualche anno da alcuni italiani. I soldi sono nella giacca di Zhou che, con la bimba in braccio e la moglie a pochi passi, si avvia verso casa, poco distante dal bar, a via Giovannoli 26. I due criminali li aspettano nel buio. Ed entrano in azione. Con una lama colpiscono il manico della borsa, ferendo allo stesso tempo Zheng Lia, 26 anni. Zhou interviene d’istinto. Qualcuno vede la donna che tenta di resistere ai rapinatori e prova a inseguirli per qualche metro. Ma dalla pistola dei due balordi parte un colpo. La donna vede il marito che cade sulle ginocchia prima di rovinare a terra. Terrorizzata raccoglie la bambina, già senza vita. Le urla strazianti della donna richiamano gente. «Erano in due – riferisce un testimone – e li ho visti scappare a piedi con i volti coperti dai caschi», ha raccontato. Poi saltano in in sella allo scooter e scappano. Abbandoneranno la moto in zona. Qualcuno telefona al 112 e al 118, ma non c’è più nulla da fare. Nella notte scatta una gigantesca e frenetica caccia all’uomo, finora senza frutti. Più tardi l’autopsia confermerà che è stato un colpo solo a disintegrare la giovane famiglia trapassando il cranio della piccola per poi conficcarsi nel cuore del padre. Sul luogo dell’omicidio i rilievi non hanno trovato bossoli. Un dato che spinge gli inquirenti a ipotizzare l’uso di una pistola a tamburo, che non espelle le cartucce esplose. Una delle tante pistole che ormai circolano per la capitale. Tre al giorno in media, rubate e immesse nel circuito criminale, come conferma il delegato alla sicurezza del sindaco Giorgio Ciardi.