Caro direttore, in questi giorni, in cui abbiamo reso l’estremo omaggio alle spoglie mortali del papa emerito Benedetto XVI e si ricorda il suo servizio alla Chiesa, è interessante rivedere alcuni passaggi del suo magistero sul tema dei migranti e dei rifugiati.
Attraverso la prospettiva dei messaggi per la Giornata mondiale del migrante e del Rifugiato della Chiesa Cattolica si delinea un percorso che mostra chiaramente la sollecitudine della Chiesa per il tema della mobilità umana e una continuità tra il magistero di Benedetto e quello di Francesco.
Basta scorrere i titoli per rendersi conto di temi comuni e di alcuni filoni che il papa emerito ha avuto a cuore: Migrazioni segno dei tempi (2006); La famiglia migrante (2007); I giovani migranti (2008); San Paolo migrante, apostolo delle genti (2009); I migranti e i rifugiati minorenni (2010); Una sola Famiglia umana (2011); Migrazioni e nuova evangelizzazione (2012); Migrazioni pellegrinaggio di fede e di speranza (2013).
Le migrazioni sono per Benedetto un evidente segno dei tempi. «Tra i segni dei tempi oggi riconoscibili sono sicuramente da annoverare le migrazioni, un fenomeno che ha assunto nel corso del secolo da poco concluso una configurazione, per così dire, strutturale, diventando una caratteristica importante del mercato del lavoro a livello mondiale, come conseguenza, tra l’altro, della spinta poderosa esercitata dalla globalizzazione». Naturalmente, in questo “segno dei tempi” confluiscono componenti diverse. Un fenomeno strutturale e globale che nel magistero di Francesco diventa il frutto di quella «globalizzazione dell’indifferenza» che non può non interrogarci.
Un mondo globalizzato che ci fa vicini ma non ci fa fratelli. Ed è questo il mandato dei cristiani: creare comunità fraterne nella diversità: «Una sola famiglia umana, una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze» (2011).
Nei suoi messaggi papa Benedetto individua alcuni gruppi di migranti di cui prendersi cura maggiormente: i nuclei familiari e i giovani: «Tante sono le difficoltà che incontra la famiglia del migrante. La lontananza fra i suoi membri e il mancato ricongiungimento sono, spesso, occasione di rottura degli originari legami (…). In tema di integrazione delle famiglie degli immigrati, sento il dovere di richiamare l'attenzione sulle famiglie dei rifugiati, le cui condizioni sembrano peggiorate rispetto al passato, anche per quanto riguarda proprio il ricongiungimento dei nuclei familiari» (2007).
I giovani migranti e rifugiati sono al centro dell’attenzione e della preoccupazione di Benedetto: «Guardando poi più d'appresso al settore dei migranti forzati, dei rifugiati, dei profughi e delle vittime del traffico di esseri umani, ci si incontra purtroppo anche con molti bambini e adolescenti (…). Come non pensare che quei piccoli esseri umani sono venuti al mondo con le stesse legittime attese di felicità degli altri?». Questi bambini e adolescenti hanno avuto come unica esperienza di vita i «campi di permanenza obbligatori, dove si trovano segregati, lontani dai centri abitati e senza possibilità di frequentare normalmente la scuola. Come possono guardare con fiducia al loro futuro?» (2008).
Benedetto poi dedica alcuni messaggi a temi più pastorali nell’ambito delle migrazioni e invita le Chiese a una fattiva collaborazione e a un attento rinnovamento: «Da parte loro, le Chiese d’origine, quelle di transito e quelle d’accoglienza dei flussi migratori sappiano intensificare la loro cooperazione, a beneficio sia di chi parte sia di chi arriva e, in ogni caso, di chi ha bisogno di incontrare sul suo cammino il volto misericordioso di Cristo nell’accoglienza del prossimo» (2012).
Infine, nell’ultimo messaggio papa Benedetto, quasi come un lascito spirituale, tocca i temi della fede e della speranza. «Fede e speranza, dunque, riempiono spesso il bagaglio di coloro che emigrano, consapevoli che con esse noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (2013). Come non intravedere in questo messaggio il tema dei «rifugiati lottatori di speranza», tanto caro a papa Francesco?
La sollecitudine di Benedetto XVI per le persone migranti e rifugiate, viene raccolta e alimentata da Francesco con tanti gesti e parole fin dall’inizio del suo pontificato. Benedetto ha saputo cogliere la complessità delle migrazioni e del ruolo di una Chiesa che Francesco porterà sempre più accanto a quell’umanità in cammino che chiede giustizia. E lo farà seguendo la strada che Benedetto ha tracciato nei suoi otto anni da pontefice.
CamilloRipamonti è sacerdote e presidente del Centro Astalli, servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia