«Le immagini dell’invasione, della marea di persone che ci sta sommergendo, sventolate quotidianamente nel dibattito politico e giornalistico, sono enfatizzazioni fuori misura. L’accoglienza dei migranti presenta criticità, ma come si fa a rappresentarla come un fenomeno ingovernabile, quando al momento i profughi in Italia sono 80mila? Se li suddividiamo per 60 milioni di abitanti, fa in media uno ogni 750 cittadini. Numeri da emergenza nazionale? Direi di no».
Il presidente dell’Anci, e sindaco di Torino, Piero Fassino è un piemontese coi piedi per terra, di quelli che (come recita la poesia di Nino Costa citata da Papa Francesco) «parlano poco, ma sanno quel che dicono». E così, all’uscita dall’incontro col presidente del Consiglio e i governatori di Regione, non regala opinioni, ma mette in fila dati, cifre e punti dolenti della
road map italiana per l’accoglienza.
Cosa rende complicato smistare nel resto d’Italia i migranti sbarcati al Sud? Partiamo dalla presunta ingovernabilità del fenomeno. Non nego che esista un allarme nell’opinione pubblica, ma sa da cosa è innescato?
Da cosa? Dal fatto che gli 80mila migranti presenti, anziché essere distribuiti in tutta Italia, siano concentrati solo nelle grandi città e in un centinaio di comuni intermedi. Ciò aumenta le criticità. Bisogna arrivare a dimensioni governabili.
Come? Il punto focale, sul quale ho insistito nell’incontro a Palazzo Chigi, è la redistribuzione in piccoli nuclei. Se si accetta tale approccio, ne derivano alcune conseguenze...
Quali? La prima è che bisogna subito aumentare i posti del sistema d’accoglienza Sprar per i richiedenti asilo, dislocati presso i comuni: ce ne sono 25mila, ne servono altri 10mila. Abbiamo chiesto al governo un nuovo patto che preveda l’erogazione delle risorse necessarie ai comuni.
Quanto costerebbe? Circa 30 euro al giorno per ogni migrante, Piero Fassino, 65 anni, piemontese, due volte ministro e segretario dei Democratici di sinistra, è oggi sindaco di Torino moltiplicato per 10mila posti...
Fa 300mila euro al giorno, circa 9 milioni di euro al mese. Tutto dipende da quanto bisognerà ospitarli, ma è evidente che i fondi per l’accoglienza vadano incrementati. Ovviamente, in parallelo vanno accelerati le procedure d’esame per le richieste d’asilo: in Italia ora ci vuole un anno, in Germania 6 mesi. Perché non possiamo dimezzare i tempi?
Il premier Renzi insiste anche sulla misura dei rimpatri... È necessario. I migranti che non hanno diritto a restare dovrebbero essere rapidamente rimpatriati. Accelerare le pratiche d’asilo servirà anche a questo.
Il mancato funzionamento dei centri regionali quanto incide sull’accoglienza? Molto. Vogliamo una gestione ordinata? Allora bisogna dare attuazione al modello varato, che dopo il salvataggio dei profughi prevede lo smistamento nei centri regionali di prima accoglienza, gli «hub», dove fare la certificazione sanitaria e anagrafica e, sulla base del piano concordato col governo, li distribuiscono nei comuni. È ciò che non sta avvenendo adesso e che ingarbuglia la gestione...
Quanti hub ci sono? Pochissimi, in Sicilia, Puglia, Lazio... Nella gran parte delle Regioni non sono stati realizzati. Lo Stato, sulla base di indicazioni regionali, deve reperire subito luoghi di grandi dimensioni: ex caserme, ex ospedali o scuole dismesse.
I governatori di centrodestra sono contrari. Il veneto Zaia invita perfino i prefetti alla 'ribellione'... A Palazzo Chigi, erano le sole voci contrarie al piano. Non mi pare sensato. Di fronte a problemi del genere, l’unico atteggiamento di buonsenso è la responsabilità. Serve per gestirli al meglio.
Anche in Europa c’è chi alza muri, chiude frontiere o litiga sulle quote di profughi da accogliere. Cosa ne pensa? Il regolamento di Dublino, che impone ai richiedenti asilo di permanere nel Paese di primo approdo, va cambiato: in base ad esso, Stati come l’Austria che non hanno frontiere Ue esterne, né affacci sul mare, non accoglierebbero profughi. Ma l’Europa, per parafrasare il Metternich, non è solo un’espressione geografica, è un’Unione politica ed economica. Un’Europa adulta non può trincerarsi dietro la geografia, né temere la solidarietà...