È la più grande scommessa. Riusciranno i casinò virtuali a prendere piede negli Stati Uniti o rappresenteranno solo il colpo di grazia per il settore? A giudicare dagli investitori che puntano sul nuovo tipo di scommesse – legali per il momento solo in Delaware, New Jersey e, in misura minore in Nevada – è infatti una partita aperta. Le puntate di ogni tipo, dai cavalli alla lotteria al poker e alle slot machines, sono sempre state in contenzioso negli Stati Uniti, divise tra potenzialità di reddito e di occupazione per le varie amministrazioni locali e l’aspetto morale della questione. Le proposte di portare le scommesse nel 21esimo secolo, aprendole alla rete, sono quindi state oggetto di ulteriore scrutinio soprattutto per i maggiori rischi di esporre i minori al vizio e il business al riciclaggio di denaro. Laddove le puntate sono di casa, tra cui Las Vegas - il cui soprannome “sin city” chiaramente allontana ogni legame con il puritanesimo americano - l’online è però stato visto solo dal punto di vista economico. Un’ancora di salvezza per i grandi casinò fortemente colpiti dalla crisi, resa peggiore dall’uragano Sandy nel caso di Atlantic City, nel New Jersey che ha legalizzato le scommesse virtuali nel novembre dell’anno scorso. Ecco quindi che convinti, piuttosto facilmente, dalla lobby delle case da gioco, i legislatori hanno dato l’ok all’espansione su Internet, con la clausola che chi punta virtualmente deve trovarsi nei tre stati in questione, anche se già altre amministrazioni, tra cui California, New York e Oklahoma stanno considerando la possibilità. E, per i “baroni” di Wall Street si è trattato di una nuova sfida. Caesars acquisitions - lo spinoff a cui il gigante dei casinò Usa Caesar entertainment ha affidato un mese fa il business online - ha infatti attratto investitori illustri: il mitico finanziere George Soros, insieme agli influenti gestori di hedge fund John Paulson e Leon Cooperman, e quattro altri manager di private equity ne hanno ottenuto il controllo con una “scommessa” da 484 milioni di dollari, validandone inoltre le azioni sul Nasdaq che sono già salite del 30 per cento. La strada del nuovo “vizio”, però, non si preannuncia facile, nemmeno con la garanzia del forte legame tra Soros e il presidente americano Barack Obama. Le maggiori società di carte di credito hanno infatti già proibito l’uso dei propri servizi per le scommesse online, sottolineando la potenzialità di accumulo di debito sostanziale e - soprattutto - di frode e di dispute degli addebiti. E Sheldon Adelson, magnate dei casinò Sand e forte oppositore delle puntate via Internet, da tempo - e con un finanziamento di 100 milioni di dollari al partito repubblicano - lavora per bloccare un’approvazione federale e ha già promesso di “spendere tutto il necessario” per fermare la crescita del gioco d’azzardo virtuale nel Paese. Una minaccia da prendere sul serio visto che proviene da uno dei paperoni d’America, con un patrimonio stimato di 37 miliardi di dollari. Ancora da vedere, poi, se il giro d’affari delle scommesse online - stimato, per quest’anno in 200-300 milioni di dollari per il solo New Jersey - non finirà col cannibalizzare i casinò tradizionali.