giovedì 15 marzo 2012
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​Via dal piccolo schermo gli spot sul gioco d’azzardo nelle fasce protette. Dunque, niente più pubblicità di casinò online e gratta e vinci durante le ore di programmazione formato famiglia, cioè dalla 7 alle 22. Dopo il mondo politico, ora anche il Consiglio nazionale degli utenti, che rappresenta più di cinquanta associazioni di fruitori dei media, spinge per un intervento legislativo più restrittivo in tv a tutela dei minori. Sono circa 500mila, infatti, i minorenni che si rifugiano ogni anno nel gioco, con la speranza di vincite milionarie in poco tempo e, per molti, l’azzardo sta diventando una vera patologia che li porta a passare la notte davanti al pc in case da gioco virtuali. Il Cnu ha così predisposto una proposta di legge per modificare il Testo Unico dei servizi di media e radiofonici; poche righe aggiuntive all’articolo 36 bis in cui si vieta esplicitamente la proiezione, «durante le fasce orarie a protezione rafforzata e a protezione specifica, di qualsivoglia forma di comunicazione commerciale audiovisiva per il gioco che prevede l’uso di denaro e ne comporta l’eventuale vincita».Non chiamatelo proibizionismo, dicono dal Cnu, si vuole solo «proteggere i nostri ragazzi dal gambling» (l’attività ludica che implica l’utilizzo di soldi) e, visto che la televisione è il mezzo di comunicazione più diffuso per raggiungere questi soggetti deboli, occorre partire da lì. Vedere in tv, ad ogni ora del giorno, pubblicità di giochi, infatti, induce loro e in generale i più fragili, come gli anziani, a giocare di più, fino ad arrivare a un vero e proprio comportamento compulsivo. Un fenomeno da arginare, «una battaglia di civiltà», che trova già l’appoggio della politica (ha chiesto una riforma organica e programmi di prevenzione nelle scuole) e di gran parte dell’opinione pubblica, ma «forse non quello degli stessi operatori televisivi», esordisce il presidente del Cnu Luca Borgomeo. La televisione, difatti, nasconde che «il gioco d’azzardo fa male alla salute e fa male anche al portafoglio, perché il banco vince sempre». Al di là del danno economico, tuttavia, ad essere danneggiata, secondo Borgomeo, è la socialità, visto che il gioco patologico «ruba tempo all’affettività, allo studio, alle relazioni». Dito puntato in più sulla Rai, che non si sottrae a questi tipi di spot diseducativi, mentre per la sua natura di servizio pubblico «dovrebbe dare l’esempio ed essere più virtuosa».Oltre alla televisione, un altro campo d’intervento è la formazione tra i banchi, per far in modo che anche la scuola metta in guardia i giovani sui rischi del gioco d’azzardo. L’allarme arriva dalle associazioni dei genitori e degli insegnanti, dice il vice presidente Angela Nava Mambretti, «c’è un’unità d’intenti» con il ministero dell’Istruzione per arrivare ad un protocollo d’intesa; se «la scuola non entra a gamba tesa», aiutando le famiglie, «contro l’inganno di certi messaggi - aggiunge - la battaglia contro la ludopatia sarà più difficile da vincere». Molto più arduo invece, limitare il bombardamento mediatico online, perché i server hanno spesso sede all’estero, così senza una norma internazionale in merito è praticamente impossibile agire.
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