lunedì 18 marzo 2024
La richiesta a Mattarella di un intervento per stimolare una riflessione sugli interventi di salvataggio delle vite nel Mediterraneo e l'assegnazione di porti di sbarco lontani alle navi delle Ong
Migranti sulla Ocean Viking

Migranti sulla Ocean Viking - Archivio Ansa

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Un gruppo di naviganti, sportivi e non solo, ha rivolto un secondo appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (dopo un'analoga petizione lo scorso anno), per chiedere un suo intervento che stimoli una profonda riflessione sui soccorsi in mare dei migranti in difficoltà. A partire dall'ultima vicenda dei naufraghi soccorsi dalla Ocean Viking e dalla perdurante politica governativa di assegnare alle navi delle Ong porti italiani di sbarco lontani rispetto agli interventi effettuati, che rischia non solo di penalizzare le associazioni che operano nel Mediterraneo per salvare vite, ma soprattutto di infliggere ulteriori sofferenze a chi è stato soccorso spesso in situazioni critiche. Di seguito il testo dell'appello:

Secondo appello di naviganti
al Presidente della Repubblica per un migliore soccorso in mare


Egregio Presidente della Repubblica
Signor Sergio Mattarella

Noi, “naviganti accorati” italiani, ci rivolgiamo una seconda volta a Lei, commossi e indignati da un ulteriore mancato soccorso a circa 85 naufraghi del "gommone di Zawyia", tra la Libia e l’Italia, causa della morte in lenta agonia a 60 di loro.

Ci appellammo a Lei su Avvenire il 3 marzo dello scorso anno per chiederLe di stimolare una riflessione nel Paese sulla opportunità di tre azioni urgenti:
- modifica della “legge dei porti lontani” e delle norme disumane attinenti (Gazzetta Ufficiale N. 52, 2.3.2023)
- inchiesta giudiziaria e parlamentare sul mancato soccorso a Steccato di Cutro, il 26 febbraio 2023
- riparazione nei media dei danni alla buona reputazione dell’Italia e della sua marineria.


Oggi Le rinnoviamo, ancor più accoratamente, queste tre richieste non esaudite.

Le navi umanitarie che hanno raccolto naufraghi non siano più comandate dalle autorità italiane a raggiungere “porti lontani” molte centinaia di chilometri e molte giornate di navigazione (es. Carrara, Ancona)!

Le navi siano invece autorizzate a sbarcare i malati e i naufraghi “nel porto sicuro più vicino”, come dettano le norme internazionali e la coscienza di ogni marinaio!

In caso di veri reati, le navi umanitarie siano eventualmente perseguite – ma non perseguitate!

Le navi umanitarie non siano più bloccate, sequestrate, processate, multate, come accade spesso, anche con accuse infondate. E’ emblematico il caso della nave umanitaria Juventa nel cui maxi-processo a Trapani, la stessa accusa ha chiesto l’archiviazione il 28 febbraio - dopo 8 anni di udienze, 3 milioni di euro di spese dei soldi dei contribuenti, l’assenza dai soccorsi per 2000 giornate, e la rovina della nave sequestrata ( bit.ly/3viSU2n ). Quante vite umane si sarebbero potute salvare con quei tre milioni?

Una lenta agonia di 60 naufraghi in acque internazionali

Ci muove a scriverLe di nuovo, Signor Presidente, il drammatico naufragio dei giorni scorsi del "gommone di Zawyia" sul quale circa 60 persone, tra le quali donne e un bambino di un anno e mezzo, sono morte in lenta agonia di sete, di fame e di ustioni. Circa una settimana dopo la partenza dalla Libia, i soli 25 superstiti sono stati raccolti in gravi condizioni il 13 marzo in acque internazionali al largo della Libia dalla nave Ocean Viking di SOS Mediterranee in collaborazione con la Federazione Internazionale della Croce e Mezzaluna Rossa (FIRC). La nave è stata comandata di recarsi al porto di Ancona, distante più di mille chilometri e molti giorni di navigazione. Solo dopo insistenze, 23 superstiti sono stati sbarcati a Catania. Due, di cui uno è morto in ospedale, erano stati evacuati dalla Ocean Viking in gravissime condizioni.

Tuttavia alla Ocean Viking è stato impartito l’ordine di portare gli altri 336 superstiti raccolti in salvataggi multipli, molti in salute precaria, ad Ancona, che dista centinaia di chilometri e molti giorni di navigazione. Di conseguenza la nave sarà indisponibile ai soccorsi per molti giorni.

Secondo testimonianze, i profughi sul gommone chiesero aiuto, alcune unità navali e aeree e diverse autorità statuali li avrebbero probabilmente percepiti. Ma nessuna unità di soccorso dello Stato italiano è intervenuta. Inoltre molte tra le navi umanitarie non erano disponibili perché obbligate a raggiungere porti lontani o colpite da provvedimenti repressivi.

La “politica dei porti lontani” e l‘accanimento delle autorità italiane contro le navi umanitarie hanno reso indisponibili centinaia di giorni-nave nel solo ultimo anno.

Quante vite è costata questa politica disumana?

Signor Presidente, Le chiediamo rispettosamente di stimolare la riflessione sulla necessità di porre fine alla “politica dei porti lontani” e della repressione. Essa nuoce non solo alle persone in pericolo in mare ma anche alla reputazione internazionale dell’Italia e della sua marineria. La memoria dell’eroico capitano di marina Todaro ( https://bit.ly/43ttnAg ), Salvatore di nome e di fatto, e la buona nomea di “Italiani brava gente“ ne soffrono sempre di più.

Gli Italiani non sono così disumani come questo governo li fa sembrare agli occhi del mondo!

Il mondo si chiede: dove erano i marinai italiani degni di questo nome, nei giorni di questo ennesimo naufragio?
La ringraziamo per la Sua attenzione, e La salutiamo con stima e affetto

I "naviganti accorati":
Marco Francesco Morosini, Vittorio Alessandro (Ammiraglio, Guardia costiera), Gregorio De Falco (ex senatore), Pietro Riso (armatore di motopesca, Lampedusa), Giuseppe Notarbartolo di Sciara, Vittorio Malingri, Gerolamo Malingri, Marco Diena, Antonio Solero, Diego Maniacco, Grazia Zanin, Fabio Oliosi

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