il sottosegretario Enzo Amendola - ANSA
L’autonomia dell’Unione europea passa per i vaccini. Una battaglia vitale su cui «si gioca tutto». Ne è convinto il sottosegretario dem agli Affari Europei Enzo Amendola, ministro nel Conte 2 con lo stesso incarico. Esclude che il sovranismo possa essere una ricetta applicabile ai vaccini, ma l’Europa dovrà farsi valere con le case farmaceutiche come già accaduto, proprio su iniziativa italiana, nel caso di Anagni-AstraZeneca. Serve non meno ma più Europa, quindi: «Per ricerca applicata e per ricerca nel campo scientifico non ha ancora una sua autonomia strategica». E lancia la proposta di un eurobond da destinare proprio alle attività di ricerca dell’Unione. In linea con il neo segretario Enrico Letta, da ex del governo Conte, si sente pienamente a suo agio con Mario Draghi. E sul protagonismo che sta dimostrando in sede europea dice: «Ha un’esperienza internazionale di partecipazione ai vertici ma anche di decisioni che si prendono in questi consessi che non è seconda a nessuno. Mi stupisco che qualcuno si stupisca».
Questo Consiglio europeo si è tenuto nel momento di maggiore difficoltà per l’Unione, scaturito dopo che proprio la pandemia aveva dato forza alla larga maggioranza che l’aveva rilanciata. È stato segnato un passo avanti?
Il passo avanti c’è stato. Una spinta unitaria per aumentare la produzione di vaccini e per una gestione più oculata dell’export dal territorio europeo. Il comune sentire è che da questa sfida è possibile uscire solo in maniera coordinata e che la Commissione europea dev’essere più assertiva rispetto alle case farmaceutiche che devono onorare i contratti. Non c’è più tempo da perdere. Criteri chiari che vanno fatti applicare come già accaduto con l’Australia.
Sui vaccini l’Europa si gioca il suo futuro. Si poteva fare di più o - viceversa - si doveva fare di più prima per una unione politica, in grado di combattere ad armi pari con i principali attori dello scacchiere internazionale?
Sulle questioni complesse è facile cercare capri espiatori, io non appartengo a questa scuola soprattutto perché siamo in emergenza. Il sovranismo vaccinale è impossibile. Nessun Paese al mondo è in grado di produrre interamente da solo un vaccino, dalle sue componenti fino all’infialamento. Siamo interdipendenti. Anche per questo serve intelligenza nel ricorso al blocco dell’export. Deve prevalere il buon senso che non significa ingenuità, ma implica accordi su produzione ed esportazione dei vaccini, nei quali l’Ue affermi reciprocità e proporzionalità.
Come è potuto accadere che l’Europa si sia fatta trovare senza un vaccino prodotto in casa?
Senza dubbio in questi mesi serviva più audacia di fronte a questo cigno nero della storia. Vengono al pettine ritardi europei negli investimenti per ricerca e sviluppo tecnologico, frutto di miopie del passato. L’Europa deve tornare a essere competitiva. L’autonomia strategica non è il tema di un seminario, ma è la capacità di produrre vaccini ed essere all’avanguardia in tutti i settori del futuro, dalla sostenibilità all’innovazione tecnologica. Con il coordinamento sanitario, vinceremo questa sfida come europei, ma non possiamo non guardare in faccia la realtà: "l’impresa Europa" non può continuare ad assemblare produzioni pensate e brevettate in altre parti del mondo. Faccio un esempio. Grazie al commissario Gentiloni abbiamo emesso i bond per sostenere la disoccupazione causata dal Covid, perché allora sulla ricerca scientifica oltre ai bilanci europei non usiamo strumenti finanziari straordinari per un investimento a 27? Siamo campioni di solidarietà globale con Covax, ma ancora indietro nelle classifiche per investimenti in ricerca e produzione.
Che cosa significa la presenza di Biden alla riunione EUCO di giovedì? Un nuovo multilaterismo? Che valore aggiunto porta non solo all’Italia ma alla stessa unione la sua discesa in campo da autorevolissimo ex presidente della Bce?
Era dal 2001 che un Presidente statunitense non partecipava a un Consiglio europeo. La presenza di Biden rappresenta una nuova stagione tra Usa e Ue che tornano a essere partner e non più competitori. Covid, clima, diritti umani: l’agenda è già sul tavolo. In questo scenario l’autorevolezza di Mario Draghi, presidente del G20, diventa un’occasione straordinaria per l’Italia nel giocare un ruolo di cerniera tra le due sponde dell’Atlantico.
Venendo al Pd infine, il suo partito: condivide, anche da ex ministro di Conte, la linea del neo segretario che si mostra a pieno agio nel governo Draghi?
Gli impegni del governo per uscire dall’emergenza combaciano con l’agenda del Partito democratico che mette sempre al centro l’interesse generale oltre le polemiche inutili del quotidiano. Non a caso Enrico Letta in questi pochi giorni ha ridato forza a due parole come "europeismo" e "progressismo", che sono le visioni necessarie per delineare una riscossa dell’Italia.