Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa - Ansa
Al presidente Trump che accusa gli ambientalisti di essere 'profeti di sciagura', il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa risponde di «sentirsi un profeta di futuro». «Abbiamo fatto una valutazione, e in questo l’Italia ha un posizione di leadership internazionale, che per ogni posto di lavoro perso nel carbon fossile le energie ecocompatibili, con gli stessi soldi, ne producono tra 3 e 5. Ci sarà un periodo di transizione, gestiamola, ma il futuro è là. Oggi tutti si stanno rendendo conto che i temi dell’ambiente non solo contrastano i cambiamenti climatici ma portano anche lavoro e benessere economico. Solo Trump e alcuni a lui vicini non se ne sono accorti. Ma con gli Usa, su loro richiesta, stiamo collaborando sul tema della lotta allo spreco alimentare. Mai chiudere le porte». E la collaborazione è il tema centrale del lungo colloquio con l’ex generale dei carabinieri forestali. Per risolvere le crisi dei rifiuti a Roma e in Campania («Servono gli impianti »), per trovare «soluzioni strutturali » per l’inquinamento atmosferico. Ma anche sul delicato momento del M5s. «Ho grande stima di Luigi Di Maio, ha avuto coraggio, ci ha messo la faccia, adesso è il momento, se uno ama il Movimento, di volare tutti insieme. Non è questione di cambiare le persone ma atteggiamento, non di Giggino ma del Movimento, non più antisistema ma per costruire un nuovo sistema, non più contro ma per. Da bambino ogni volta che avevo la febbre mia madre mi diceva che diventavo più alto, 'la febbre di crescenza'. Questo è il momento di oggi. Si deve crescere ma mettendo al centro le cose da fare, una visione inclusiva». Un ragionamento molto pragmatico. «I numeri non permettono di governare da soli e per certi versi è meglio, il confronto è sintomatico di grande democrazia, io temo quando un sistema decide da solo. Ma in questa vicenda l’elemento più importante è capire che governare a volte significa dover mediare che non è un compromesso, è un livello nobile».
Come per i rifiuti. Da Roma a Napoli, sembrano sempre ingestibili.
La questione degli impianti è prioritaria. Posso fare bene una raccolta differenziata se poi ho gli impianti che li trattano. Il deficit del Centro-Sud è oggettivamente strutturale. Devo però anche dire che i presidenti delle Regioni, e non faccio una questione di appartenenza, negli ultimi anni hanno posto al centro la questione, facendo piani regionali che in alcuni casi non mi trovano d’accordo sulla logica, ma finalmente evidenziano il tema. Ma poi gli impianti vanno fatti davvero e invece molto spesso ci si inceppa. Così abbiamo la migrazione dei rifiuti, 500 e più chilometri, su gomma e quindi inquinante.
Come accelerare?
Servirebbe una task force regionale per accelerare al massimo la realizzazione. Alle Regioni dico: «La competenza è vostra però noi abbiamo un know how, ve lo metto a disposizione gratis, perché a me interessa risolvere il problema ». Ma me lo devono chiedere.
Non si possono commissariare?
No. Posso affiancarli, ed è quello che propongo. In termini giuridici il commissariamento prevederebbe la dichiarazione d’emergenza.
Tra i ministri del M5s riconfermati nel secondo governo Conte, alla guida dell’Ambiente, Sergio Costa è nato il 22 aprile 1959 a Napoli, dove s’è laureato in Scienze agrarie. Nel Corpo Forestale dello Stato dal 1987, dal 2005 al 2008 passa al comando della polizia provinciale di Napoli. Rientra poi nel Cfs fino a diventare comandante regionale della Campania, in prima linea nell’emergenza della Terra dei fuochi. Con la riforma nel 2017 è passato ai Carabinieri.
L’assessore all’ambiente di Napoli, Raffaele Del Giudice, le ha fatto un appello per una cabina di regia al ministero, per evitare che gli speculatori approfittino delle zone in difficoltà.
Abbiamo un problema, lo conosciamo, e abbiamo i cittadini che sono in una situazione di disagio. Sono due fatti inoppugnabili. Per risolverli dobbiamo litigare per forza? Non possiamo sederci a un tavolo, indipendentemente dai personalismi, in modo in- clusivo? La politica non è divisiva, non respinge. Non è un matrimonio ma è un trovare soluzioni. Così ho concepito la cabina di regia di Roma.
Come?
Con la cabina di regia per Roma io non ho competenza in termini di legge, che è del Comune e della Regione, faccio solo il facilitatore, proponendo una mediazione tecnica. Nel momento in cui fai ragionare prima la politica, che molto spesso non conosce il dettaglio di una materia, c’è il rischio che prenda fischi per fiaschi. Allora facciamo prima ragionare i tecnici che hanno il dovere di individuare una soluzione tecnica o più soluzioni, qualora ce ne fossero, e per ognuna valutare i pro e i contro. Poi interviene la politica che sceglie. È quello che propongo anche per Napoli. Mi portino delle soluzioni, le vado a confrontare con la Regione e iniziamo a fare sintesi. Lo faccio volentieri. È diverso da chiedermi di risolvere io i loro problemi.
Ma a Roma dopo il voto contro la scelta di Monte Carnevale ora siamo tornati al punto di partenza?
Il passaggio successivo, per norma, è la Conferenza dei servizi, tra Comune e Regione. Non mette al centro i tema politico, è giusto o non è giusto, ma quello tecnico, cioè se fare una discarica in un luogo garantisce tutte le sicurezze per il cittadino, il territorio, la salute. Scioglierà i dubbi dei vari comitati cittadini. Se ci sono dei problemi tecnici è chiaro che bisogna esplorare un piano B. Se invece i problemi non ci sono il tema diventa solo di orientamento politico della maggioranza dell’uno e dell’altro soggetto.
Poi però la scelta politica va presa.
Certo. La politica si deve assumere la responsabilità di scegliere. Ha tutti gli strumenti per fare la scelta migliore e la deve fare. Anche se, come a volte accade, è impopolare. Non sarà ideologica ma su base tecnica. A me danno fastidio quelli che ideologicamente dicono no. Ma hai verificato scientificamente se quel no ha un senso?
Ma Roma non ha bisogno solo della discarica.
Intanto il piano regionale dei rifiuti che langue dal 2012 oggi finalmente è decollato, ci sono le linee guida e entro l’anno si trasformerà in norma. E bisogna ringraziare la regione. Ma anche la sindaca che ha individuato le zone bianche dove si possono realizzare gli impianti. Sono passi avanti. Ora si possono fare gli impianti. Ma l’altro aspetto è quello del bilancio dell’Ama che manca da tre anni. C’è il rischio del commissariamento. La Raggi mi ha assicurato che sarà depositato alla fine del mese. È importante perché quando si vanno a fare le gare non ci si presenta più come cattivo pagatore e si abbassa il prezzo, ma anche si possono assumere impegni bancari che ti consentono finalmente di far decollare la differenziata che oggi è oggettivamente ferma al palo. Ma la regione collabori per evitare continue emergenze e preveda comunque sbocchi per i rifiuti della Capitale. A naso penso che ora per Roma inizi la discesa.
E Napoli?
Il piano regionale c’è dal 2016 e dura sei anni. Prevede una serie di impianti. Sono contento che ci sia, non mi piace come è declinato, lo avrei fatto in modo diverso, ma sono solo un osservatore. Ora è il momento di accelerare, di realizzarli e aprirli. Non saranno tempi rapidi e per un po’ i rifiuti dovranno migrare. Più i rifiuti viaggiano e più si alza il rischio criminale.
Ma come intervenire su chi ne sta approfittando? Non possiamo sempre aspettare la magistratura.
Facciamo una lista regionale o nazionale, una white list di quelle imprese che sono in grado di gestire i rifiuti, sottoponendole a controlli preventivi, e che diventano il bacino a cui attingere in modo chiaro. Una virtuosità premiante. È il sistema anglosassone e funziona, ma serve una legge. Io me ne faccio molto volentieri alfiere ma poi tocca al Parlamento.
Anche perché le mafie sono ancora ben presenti nel settore.
È la mafia dei colletti bianchi che nell’emergenza ci sguazza come la papera nell’acqua, perché si presenta a un sindaco e dice che risolve tutti i problemi. È sempre stato così. E so bene che spesso il commissariamento apre le porte a loschi figuri. Il rischio c’è. E allora lo ripeto, mettiamoci attorno a un tavolo e con garbo e con maniera, anche se magari ci mettiamo qualche mese di più, risolviamo le cose e non entriamo in emergenza.
Le iniziative prese dai comuni contro l’inquinamento atmosferico vanno nella giusta direzione?
Nel momento emergenziale il sindaco può solo il bloccare il traffico. Non ha alternative. Poi ci sono misure strutturali che riguardano comuni e regioni. Abbiamo approvato varie norme con circa 10 miliardi pluriennali per trasporto pubblico locale, corsie preferenziali, riforestazione, mezzi pubblici elettrici, per il cambio delle caldaie e la rigenerazione edilizia. E sono estensibili ai 60 miliardi della legge di stabilità. Vanno bene i blocchi del traffico come misura emergenziale, ma in parallelo servono strumenti strutturali. Non è vero che i soldi mancano.